INVESTIRE IN VINO - TERZA PARTE - L'ACQUISTO EN PRIMEUR

Esistono due ragioni per investire in vino: ottenere vini quando sono giovani e quindi di prezzo minore, e così poterli consumare “a buon mercato”, oppure rivenderli, traendo un profitto dall’operazione. Per tante persone che hanno una cantina, entrambe le ragioni sono valide. La domanda mondiale per il vino, che è prodotto in quantità molto ridotte, è aumentata moltissimo negli ultimi due decenni. Il vino può e spesso ha prodotto risultati economici superiori all’indice Ftse 100 ed al Dow Jones, con risultati significativi senza la volubilità del mercato azionario. Se si progetta l’investimento per raccogliere profitti futuri, è essenziale scegliere i vini giusti, delle annate giuste, comprarli al momento giusto, e tenerli correttamente. Infine, venderli al prezzo ottimale. Da anni in Francia c’è un fiorente mercato di vini en primeur, cioè venduti a termine con pagamento immediato e consegna futura: e proprio Chateau Margaux è il primo vino che ogni anno fissa il prezzo base per i mercanti di Bordeaux. La vendita dei vini en primeur consiste nella collocazione di certificati rappresentativi di vini posti in invecchiamento che necessitano di un periodo di affinamento nelle botti per poter essere presentati sul mercato. Il produttore si impegna a consegnare i vini al termine di tale periodo di affinamento, ai sottoscrittori che hanno acquisito il diritto di prenotazione, a condizioni economiche vantaggiose che tengono conto del divario temporale tra l’epoca di sottoscrizione e quella di consegna.

En Primeur, si riferisce all´acquisto del vino dopo la produzione ma prima che venga imbottigliato. Campioni di vino sono resi disponibili per farli assaggiare da giornalisti e grandi grossisti durante la primavera, dopo la vendemmia. La vendita è negoziata immediatamente. Il vino generalmente viene imbottigliato e consegnato circa due-quattro anni dopo. Per le annate migliori, gli acquisti en primeur possono offrire il massimo di ritorno sull´investimento. I prezzi di rilascio sono generalmente più bassi che in seguito. Il prezzo non è basato esclusivamente sulla legge della domanda e dell’offerta, ma sul prezzo di rilascio dell’annata precedente e sulla situazione economica generale, vista dai produttori e commercianti di vino(1). I vini en primeur sono una specialità del mercato del Bordeaux, ma il fenomeno è oggi riscontrabile anche in altre paesi, ta cui L'Italia.

Ma come comprare vino En Primeur nel nostro Paese? Ci sono tre possibilità: la prima è rivolgersi a una delle enoteche che in Italia vendono i future, in effetti sono vere e proprie prenotazioni di lotti di bottiglie di vino. In passato sono stati emessi future sul Brunello di Montalcino della Castello Banfi, unica cantina italiana ad avere alle spalle due emissioni (1995 e 1997), o quelli sul Barolo della Tenimenti Fontanafredda, l´azienda del Monte dei Paschi di Siena che ha emesso future sull´annata del 1998. Il secondo sistema è quello di rivolgersi in banca: il Banco di Sicilia, già da qualche anno, colloca migliaia di certificati en primeur emessi da prestigiose case vitivinicole italiane. Gli ultimi certificati hanno avuto un valore complessivo di 700.000 euro, davano al possessore il diritto alla consegna a domicilio del quantitativo e del tipo di vino in essi rappresentato, alla data indicata sul certificato stesso (entro la prima decade di dicembre 2007). Il Banco presta garanzia di rimborso del valore nominale del certificato (performance bond) nel caso in cui l’azienda produttrice non dovesse consegnare il vino alla scadenza pattuita. I titoli sono trasferibili mediante girata.

La terza via all'en primeur italiano è rivolgersi a qualche compagnia che si occupa di vendite “en primeur”, come ad esempio Wine Tip, che permette, in base alle disponibilità, permette di acquistare fino a circa 30 tra le etichette più rinomate nei vini italiani. Basta un semplice click.


Ma alla fine di tutto questo, ci sarà qualcuno che se le beve queste benedette bottiglie?


(1) fonte finanzaediritto.it

foto tratte da libero.it e dal sito winetip.com

INVESTIRE IN VINO - PARTE SECONDA

Nell'articolo precedente parlavamo di come e perchè si investe in vino. Ma quali sono le bottiglie più ambite dai collezionisti di tutto il mondo?

La nostra Top Ten vede al numero dieci:

Petrus 2005

Il re di tutti i merlot, che è stato venduto per la "modica cifra di 3.176 dollari. Non male per un vino così giovane, che ne dite?


Al numero nove non poteva mancare:

Romanée Conti 2003

La bottiglia mito della borgogna che è stata battuta all'asta per 4.650 dollari.



Al numero otto troviamo invece:

Inglenook Cabernet Sauvignon Napa Valley 1941

Venduta per 24.675 dollari, rappresenta, ad oggi, il record per un vino californiano. Si dice che Francis Ford Coppola ne abbia una (vuota) sopra il suo frigorifero.

Al numero sette ritorna:

DRC Romanée Conti 1934

Ancora la Borgogna protagonista con questo splendido pinot nero e questa splendida annata.


Al numero sei abbiamo il primo bianco:

Montrachet Domaine de la Romanée Conti 1978

Uno straordinario Chardonnay in purezza del mitico Domaine, battuto all'asta di Sotheby's, nel 2001, per la cifra di 23.929 dollari.

Alla posizione cinque troviamo:

Château Mouton-Rothschild 1945
Un grandissimo bordeaux figlio di una annata considerata come una delle migliori del secolo. Venduta all'asta di Christie's per 28.750 dollari. Pensate che una cassa di magnum è stata battuta per circa 350.000 dollari....

In quarta posizione abbiamo:

Château Cheval Blanc 1974

Altra grandissima bottiglia figlia di una annata perfetta. Venduta a San Francisco nel Luglio 2006 per la modica cifra di 33.781 dollari. La bottiglia da 3 litri, invece, è stata ceduta per 135.125 dollari.


Al terzo posto si classifica:

Penfolds Grange Hermitage 1951
Venduto nel Maggio 2004 per oltre 50.000 dollari australiani per questo straordinario Shiraz australiano creato dall'enologo Max Schubert

Medaglia d'argento è invece:

Château d'Yquem 1787

Il re di tutti i vini dolci nella sua splendida prima annata. Una bottiglia da veri collezionisti o da......necrofori? Venduta a Londra per la cifra di 100.000 dollari.


E al primo posto:

Château Lafite 1787
Venduta all'asta nel 1985 per la cifra di 160.000 dollari, è da venti anni la bottiglia più costosa del mondo. Forse perchè appartenuta a Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti, nonché amante del buon vino?

INVESTIRE IN VINO - PRIMA PARTE

Avete mai pensato di bere un Picasso? Oppure un Monet? No? Sicuri? Certo, avete ragione, non è possibile, anche se non è che stessi scherzando così tanto. Nel mondo, infatti, sempre più persone investono nel vino inteso come bene rifugio per i propri risparmi. Acquistare grandi bottiglie è considerato un investimento alternativo che, alla stessa stregua delle opere d'arte, segue regole differenti da quelli del mercato finanziario comune. «Una bottiglia di Chateau Margaux è unica, non può scambiarsi con un’altra bottiglia di un anno diverso, oppure dello stesso anno ma di un cru differente, è un bene fisico e infungibile, mentre i mercati trattano normalmente con beni immateriali», spiega Claudio Zara, docente di economia dei mercati e degli intermediari finanziari all’Università Bocconi di Milano.

Ma perchè si investe nel vino? La risposta è semplice: se l'investimento è mirato a certe bottiglie (le c.d. blue chips del vino), si ottengono guadagni molto elevati in tempi anche relativamente brevi. Un esempio? Chateau Le Pin 1998, cassa da 12 bottiglie, nel 1999 valeva 800 sterline. Nel 2003 valeva 1.550 sterline, con un incremento del 27% annuo.

Un esempio nostrano riguarda Biondi Santi, storica griffe che ha creato il Brunello di Montalcino, che è la cantina a più alto indice di rendimento in Italia: la Riserva 1955 - unico vino del nostro Paese inserito tra i dodici migliori del Novecento nella classifica di Wine Spectator, la “bibbia” enologica degli Usa - si è rivalutata del 141.923% sul valore iniziale e la Riserva 1945 si è incrementata dell’85.112%.

Quali sono allora i vini su cui investire? Per essere considerato una blue chip la bottiglia deve avere delle caratteristiche specifiche:

  • il vino deve essere raro, nel mondo devono circolare poche bottiglie;

  • il vino deve avere una conservazione perfetta e, pertanto, deve provenire da cantine certificate. In tale ambito, pertanto, la bottiglia avrà un valore maggiore se proviene da un famoso collezionista o, meglio, dalla stessa azienda produttrice;

  • il vino, soprattutto dopo dall'avvento di Parker, deve aver avuto delle recensioni critiche estremamente positive (100 punti Parker);

  • il vino deve provenire da una grandissima annata;

  • il vino deve essere longevo.
Solitamente gli investitori puntano molto sui vini francesi, in particolari sui vini bordolesi provenienti dai grandi Chateaux: Lafite, Margaux, Mouton-Rothschild, Latour, Haut Brion, Petrus, Cheval Blanc e d'Yquem. Sempre in Francia una bottiglia molto ricercata proviene dalla Borgogna: parliamo della mitica Romanée Conti che, soprattutto con l'annata 2005, sta raggiungendo quotazioni che sfiorano i 10.000 euro. Le blue chips italiane sono in primis i toscani Sassicaia (mitica l'annata 1985), Brunello Biondi Santi, Masseto, Ornellaia, Tignanello e Solaia. Seguono poi i piemontesi con i grandi Barolo di Sandrone, Gaja, Conterno, Ceretto, Giacosa, Mascarello. Ma un buon andamento nelle aste inernazionali, lo stanno anche avendo alcune "creazioni" della nuova enologia italiana: un segno molto positivo nelle quotazioni delle aste anche per i "giovani" miti come l'umbro Sagrantino di Montefalco "25 anni" di Arnaldo Caprai, il toscano Sammarco e la Vigna d'Alceo del Castello dei Rampolla, le Pergole Torte del toscano Montevertine, il Turriga, il Siepi, il Fontalloro, il Redigaffi, il Messorio, il Terre Brune, il Montiano, il Montevetrano, il Flaccianello.


Fonti: winenews.it e la Repubblica/Affari & Finanza

Il Bonnes Mares 2002 del Domaine Bart

Martin e sua sorella Odile lavorano circa 20 ettari di vigneti ripartiti nel nord della Côte de Nuits e più precisamente nei comuni di Marsannay, Fixin, Gevrey-Chambertin e Chambolle Musigny. Come il cugino Bruno Clair hanno fatto molto per lo sviluppo del comune di Marsanny dove possiedono le migliori parcelle lavorate con una visione del tutto simile. Da qualche anno i Bart hanno trovato nell’espressione del territorio la loro direzione, il loro stile è lineare e senza effetti particolari, vini che possono sembrare un po’ austeri in gioventù, ma che invecchiano molto bene. Il tutto ad un ottimo rapporto qualità/prezzo.
Il Bonnes Mares è un grand cru e proviene da selezionati da vigneti con una età media 40 anni, ed è maturato in botti di rovere nuovo e imbottigliato senza alcuna filtrazione. Il 2002 che ho degustato si presenta con un bellissimo naso caratterizzato da intense note floreali di iris e viola, seguite da distinti aromi di di ribes, incenso ed eucalipto. Un grande vino rosso che conferma la sua eleganza grazie ad un un palato che riempie la bocca di un piacere sensuale giocato su sensazioni di frutta rossa e spezie esotiche. Un vino godibilissimo ora ma che può dare ancora straordiarie emozioni se lasciato in cantina ancora per qualche anno.

Giuseppe Sedilesu: tutta la forza del Cannonau di Sardegna

Fiero ed orgoglioso della sua terra Giuseppe Sedilesu scrive così della sua cantina: la nostra famiglia ha, nei patriarchi Giuseppe e Grazia, gli iniziatori dell'attività vitivinicola. Trenta anni fa l'acquisto del primo ettaro di vigneto coltivato direttamente con l'aiuto dei tre figli. L'azienda Sedilesu ha nell'agro di Mamoiada 10 ettari di vigneto a Cannonau e piccole superfici di uve bianche chiamate in loco Granazza. Per la maggior parte sono vecchi impianti di oltre 50 anni e qualche nuovo impianto. Mamoiada, posta a 650 metri s.l.m. è un paese della Sardegna al centro della Barbagia. Paese dei Mamuthones, ha nella maschera tradizionale un grande patrimonio rimasto integro dopo migliaia di anni, affondando le sue radici nella ritualità sacre delle antiche popolazioni rurali. La filosofia produttiva dell'azienda è improntata al rispetto di questa tradizione. I terreni di Mamoiada sono d´origine granitica molto ricchi in potassio che conferisce grandi qualità alle uve. La forma d´allevamento è l´alberello con sesto d´impianto molto stretto 90 x 170 cm. nei vecchi impianti e 200 x 75 nei nuovi impianti. In queste condizioni si hanno basse produzioni per singola pianta e grande qualità di prodotto. I vigneti sono arati due volte l´anno, quelli posti in forti pendenze sono arati ancora con l´aratro a buoi, come avviene da sempre e in seguito i vigneti sono scalzati a mano con le zappe. I trattamenti antiparassitari sono fatti unicamente con rame e zolfo e sono molto limitati in quanto la zona e vocata naturalmente per questo tipo di coltivazione. In cantina, si esalta la tipicità e l'unicità del vino con l'utilizzo di fermentazioni naturali ad opera dei lieviti autoctoni. Per i rossi, lunghe macerazioni fino a 25 giorni consentono di estrarre tutto il frutto. L'affinamento avviene in botti di rovere di varia grandezza, tonneau e barriques per la maggior parte. La messa in bottiglia è preceduta da filtrazioni leggere che non spogliano il vino. La quantità di anidride solforosa residua in bottiglia è molto bassa, a completamento di una trasformazione seguita con molta cura, sana e naturale.

Giuseppe Sedilesu, durante l'ultimo Vinitaly, mi ha fatto degustare tutta la produzione aziendale, di grande qualità, tra cui posso consigliare:

PERDA PINTA' 2005: da vigne molto antiche e da uva Granazza di Mamoiada (usata in passato per fare il Cannonau), è un bianco passato in legno estremamente potente con i suoi 16°. Complesso, sapido e salino è un vino che ben si adatta a piatti di pesce ben strutturati.

BALLU TUNDU 2005: è un cannonau riserva in purezza ottenuto dalle uve di un unico vigneto posto in località Garaunele a Mamoiada. L'età del vigneto è di 60 anni. A 600 s.l.m. questo terreno è di origine granitica con una componente non trascurabile di argille rosse. E' un vino di corpo ricco di frutto e aromi miditerraneu che si affinerà nel corso della sua vita.


MAMUTHONE 2006 : Dal brillante color rubino e l'aroma fruttato di prugna, melograno, ciliegia e mirto, in bocca si presenta asciutto, fresco e giustamente tannico. Il Mamuthone è un vino ideale per carni rosse alla griglia e formaggi di media stagionatura.

LAGHIDIVINI 2008 - Festival dei vini prodotti sulle sponde dei laghi italiani - Bracciano

I vini ed i laghi costituiscono entrambi territorio, storia e cultura, ma anche realtà di eccellenza per l'Italia, mondi da riscoprire e da far conoscere. L’evento LAGHIDIVINI, ideato da Epulae Bracciano un’associazione culturale con finalità di promozione della cultura enogastronomica, si propone di valorizzare i vini prodotti nei territori lacustri, favorendone la conoscenza e l’apprezzamento, ma anche di divulgare e valorizzare un patrimonio di grande valore: i laghi ed il pesce d’acqua dolce. Il festival vuole proporre un viaggio tra le immagini dei laghi ospiti e presentare, con l’aiuto di sommeliers, le produzioni vitivinicole che insistono nei territori dei relativi bacini idrografici. Le degustazioni avverranno in un apposito banco d’assaggio, suddiviso in settori, uno per ogni lago, presso il cinquecentesco Chiostro degli Agostiniani. Possibilità di cene con menù a tema, di laboratori e di degustazioni guidate. Dalle eccellenze enogastronomiche della regione Sicilia, quest’anno special event della manifestazione, ai dolci della Tuscia viterbese accompagnati da vini da dessert prodotti sulle sponde del lago di Bolsena. Durante le tre giornate sono previste, inoltre, mostre, conferenze, concorsi, film e concerti in tema.

Domaine Leroy: Chambolle-Musigny Les Fremières 2001

Lalou Bize-Leroy è una delle grandi donne del vino della Borgogna e la sua storia parte da molto lontano. Il Domaine Leroy, infatti, è stato fondato nel 1868 e commercialmente è fiorito grazie all’apporto prima di Joseph Leroy, primogenito del fondatore, e successivamente di Henri Leroy, soprattutto dopo che nel 1942 è stato in grado di acquistare la metà del Domaine de la Romanée-Conti.
Fu grazie all’intraprendenza di Henri che nel 1974 Lalou divenne co-manager del famoso Domaine. La storia narra che, all'interno della prestigiosa azienda, il rapporto di lavoro di Madame Leroy è stato talmente burrascoso che, nel 1992, è stata licenziata senza troppi rimpianti anche perché, in quegli anni, aveva già dato avvio ad una impresa concorrente: nel 1988, con l'aiuto di investitori stranieri, aveva acquistato Domaine Noëllat a Vosne-Romanée che, successivamente, è stato rinominato Domaine Leroy.
Al giorno d’oggi il Domaine vanta cira 23 ettari di vigneti, ripartiti in piccole parcelle in una ventina di prestigiosi Grands e 1er Crus. Tutte le viti del Domaine Leroy sono coltivate seguendo i metodi della biodinamica, filosofia che mette al bando tutti i trattamenti chimici, l'uso di tutti i diserbanti, insetticidi, funghicidi e concimi di sintesi, introducendo la conoscenza dei ritmi cosmici essenziali per il lavoro del suolo, la sua rigenerazione e per tutte le cure da apportare alla vigna durante tutto il ciclo dell’anno. Il Domaine Leroy è famoso per le sue rese estremamente basse, in parte a causa del basso rendimento delle vigne vecchie, in parte a causa di una deliberata scelta di limitare i rendimenti per ettaro, in parte perché i metodi biodinamici fanno aumentare le perdite del raccolto per malattia.

Le appellations prodotte sono:

Grands Crus: Chambertin - Corton-Charlemagne - Corton-Renardes - Clos de Vougeot - Clos de la Roche - Latricières-Chambertin - Musigny- Richebourg - Romanée-Saint Vivant;


Premiers Crus: Chambolle-Musigny Les Charmes - Gevrey-Chambertin Les Combottes - Nuits-Saint Georges Les Vignerondes - Nuits-Saint Georges Les Boudots - Savigny-les-Beaune Les Narbantons - Volnay Santenots Les Santenots du Milieu - Vosne-Romanée Aux Brûlées - Vosne-Romanée Les Beaux Monts;


Village: Chambolle-Musigny Les Fremières - Gevrey-Chambertin - Nuits-Saint Georges Aux Allots - Nuits-Saint Georges Aux Lavières - Nuits-Saint Georges : Au Bas de Combe - Pommard Les Trois Follots - Pommard Les Vignots - Vosne-Romanée Les Genaivrières;


In una delle tante serate enologiche che passo con i miei amici, mi dicono che andremo a bere un Leroy. Che emozione penso io, i vini di Madame Leroy sono tra i migliori in assoluto della Borgogna, e mi preparo alla degustazione con un misto di ansia e rispetto reverenziale nei confronti della bottiglia. Appena mi servono il vino, leggo l’etichetta, e mi accorgo che andrò a bere un “semplice” village: Chambolle-Musigny Les Fremières 2001. Piccola delusione, mi aspettavo di meglio, questo sarà un altro di quei vini base privi di anima e che scorderò come ho fatto con tutti gli altri. Così pensavo. Mi versano il vino nel bicchiere e mi accorgo subito di aver sbagliato. Ho davanti a me un Borgogna che ha un naso a dir poco meraviglioso, dove finezza ed espressività si fondono in un equilibrio magico. Un caleidoscopio di profumi in continua evoluzione, minuto dopo minuto, dove i sentori piccoli frutti rossi maturi si fondono e lasciano spazio alla viola, all’iris, alla lavanda e alla genziana. Poi escono le note di arancia rossa, di rabarbaro, incenso e caffè. Non so più contare quante emozioni ci sono in quel bicchiere. Al palato il vino non può che confermare di essere un vero fuoriclasse: morbido, elegante, fresco, riempie la bocca della sua trama tannica vellutata, e chiude con un finale lungo, lunghissimo, con una bella corrispondenza gusto-olfattiva e restituendo una vena sapida molto intrigante.

Cos’altro dire? Ho finalmente capito perché i vini di Leroy sono venerati nel mondo. Se questo è un village, non oso pensare a cosa posso andare incontro se degusterò uno Chambertin Grand Cru. Dovrò soltanto avere la volontà e la possibilità di cercare e, soprattutto, di pagare questi vini magici. Alla prossima emozione.

LO CHAMPAGNE DI LEGRAS & HAAS

L'azienda, di tipo familiare, risiede a Chouilly, cittadina dove si trovano i vigneti Grand Cru di Chardonnay. Il marchio Legras & Haas è stato depositato solo recentemente, nel 1991, ma la famiglia è da moltissime generazioni nel campo della vitivicoltura di qualità: il primo acro, infatti, è stato acquistato circa 200 anni fa, e da allora sette generazioni di viticoltori e 3 generazioni di elaboratori hanno portato l'azienda a possedere circa 30 ettari di vigneto. La produzione annua si aggira attorno alle 300.000 bottiglie, ripartite tra cinque cuvée che, ad eccezione del Rosé, sono tutte caratterizzate dall'eleganza e dalla mineralità dello Chardonnay Grand Cru di Chouilly. L'elevata qualità del prodotto parte da una attenta gestione del vigneto, con una vendemmia rigorosamente manuale, e da una accurata vinificazione che viene effettuata cru per cru, parcella per parcella, vite per vite. La prima fermentazione dura circa 7 mesi e, dopo la fase di "tirage", lo champagne riposa nelle cantine aziendali per circa tre anni. Al termine di questo periodo lo champagne effettua il normale dégorgément, concluso il quale le bottiglie sono di nuovo approvvigionate in cantina fino ad assicurare al vino un equilibrio perfetto.

In tutti i vini di LEGRAS & HAAS (ad eccezione del Rosé), il naso è dominato dallo Chardonnay: i suoi delicati sentori di mandorla, brioche, agrumi, miele, pane tostato e frutta bianca, conferiscono allo champagne tipicità e grande raffinatezza.

Le cinque cuvées sono:

Tradition: è lo champagne "base". Da uve Pinot Nero (25%), Pinot Meunier (25%) e Chardonnay (50%) che, vinificate separatamente, vengono poi assemblate tra loro per ottenere il miglior equilibrio armonico possibile. Fresco e delicato, è adatto particolarmente come aperitivo o come vino a tutto pasto.

Rosé: 100% Pinot Nero per uno champagne di bella struttura dove al naso spiccano netti i sentori di piccoli frutti di bosco. Accostamento ideale con carni bianche, pesce e crostacei. La sua finezza lo rende adatto anche ad accompagnare dessert alla frutta.

Grand Cru Blanc de blancs: prodotto interamente da uve Chardonnay del Grand Cru Chouilly, nasce dall'unione di "vins de réserve" della Maison, che assicurano a questa cuvée costanza e finezza qualitativa anno dopo anno. Questo splendido Champagne può essere degustato come aperitivo oppure, grazie alla sua finezza ed eleganza, può essere ottimo partner per accompagnare pesce e carni bianche salsate.

Grand Cru Blanc de blancs Millésimé: prodotto solo nelle annate eccellenti e da un solo Cru, il Grand Cru Chouilly, al naso presenta classiche note di tiglio e fico fresco. Champagne che coniuga potenza e struttura con tutta la finezza e l'equilibrio di un blanc de blancs. Può essere degustato come aperitivo ma è ideale con i crostacei. L'ultimo champagne millesimato dell'azienda è il 2002.

Cuvée Prestige: questo champagne, da uve provenienti da "vieilles vignes", è frutto dell'assemblaggio di Chardonnay (grand cru Chouilly) e Pinot Nero di Aÿ (Grand Cru Pinot Noir). Champagne di grandissimo equilibrio gusto olfattivo in quanto lo chardonnay dona al vino finezza ed eleganza mentre il pinot nero garantisce carattere e struttura. Produzione limitata a circa 2000 bottiglie l'anno. Vino quasi da meditazione, lo abbinerei a piatti di mare ben strutturati come i gamberoni col lardo di colonnata.

Ancora in tema di contraffazioni...ora tocca all'Erbaluce

Dopo il “Brunello di Montalcino” è la volta di un noto vino canavesano, l’Erbaluce. Nel mirino di discrete ma serrate indagini condotte nel quadro di un’inchiesta che coinvolge i più noti Doc della penisola.Mentre il “Museo del Gusto” di Torino annuncia per domenica prossima la festa del “Sommelier 2008”, la più importante rassegna enologica piemontese, i vignaioli di mezza regione non dormono sonni tranquilli.
Vent’anni dopo
Agitati dall’incubo per quanto accaduto vent’anni fa. Quando l'Italia scoprì che i Ciravegna, i Fusco, i Baroncini “fabbricavano” il vino con il bastone, fatto con miscele di liquidi usati anche per lacche e vernici. In tutto furono 60 le aziende coinvolte e 22 i morti accertati. Uno scandalo, come quello che oggi riguarda altre cantine. La vicenda nasce dalle confidenze di un enologo pentito: «Un piccolo proprietario, socio di una cantina sociale presso la quale vendeva le sue uve». L’uomo, un dipendente di un comune dell’eporediese, venuto a conoscenza di retroscena scottanti, si sarebbe rivolto ai carabinieri.
Le confidenze del pentito
«Il vino che si fa da queste parti - avrebbe confidato il denunciante - è di ottima qualità. Ma quante bottiglie di Erbaluce Doc si possono produrre con i vigneti che abbiamo qui in Canavese? Certamente non tutte quelle che che vengono messe in vendita». Dunque, troppo vino in circolazione e pochi vigneti. «Non sarebbe sufficiente radere al suolo i comuni del Canavese, piantando vitigni, per giustificare il numero di bottiglie». Non ci si trova di fronte ad una frode come quella di 20 anni fa: «Il vino non viene fatto con il metanolo - continua il pentito - ma importato direttamente dall’estero, dai paesi dell’Est europeo, principalmente dalla Romania».
Occhio all’etichetta
Un business al centro del quale ci sarebbero aziende emiliane di import - export. Una vera e propria frode coperta da blande regole d’etichettatura: «Non si è obbligati a scrivere sulla bottiglia dove il vino è prodotto, basta citare l’azienda che l’ha imbottigliato. E poi - conclude il pentito -, bisogna fare attenzione a due diverse diciture: “prodotto imbottigliato a..” e “prodotto e imbottigliato a...”, quella “e” fa la differenza».
Fonte Cronacaqui.it
Che dire? Ancora una volta da questo blog chiediamo chiarezza e trasparenza. Vi terremo informato circa possibili sviluppi

Strade Vigne del Sole: una piacevole scoperta laziale

Avete mai sentito parlare di Tor de Passeri, Cacchione, Albarosa, Chiapparone o Usignola? No? Bene, allora non avete mai degustato i vini dell'azienda vitivinicola Strade Vigne del Sole. L'Azienda come marchio nasce nell'aprile 1998, ma ha alle spalle l'esperienza e la cultura vinicola databile 1730, ma soprattutto del Cav. Antonio Cugini che fino al 1977 "serviva" i migliori locali di Roma con i suoi eccelsi vini, ma che a causa di un terribile incidente con il trattore, fu costretto a conferire le uve alle cantine sociali o venderle a vinificatori privati nonostante la determinatezza e la forza di volontà della moglie, Elisabetta e dei quattro figli allora ancora molto piccoli. Ciò nonostante, non ha mai abbandonato le oltre trentotto tipologie di vitigni autoctoni dei Castelli Romani, che con la corsa alla produzione degli anni '70-'80, erano ormai andate perse del tutto se non estinte. Oggi il Cav. Antonio Cugini con grande soddisfazione ha avviato all'antica professione il figlio Alessandro, classe 1975, ed insieme animati dalla passione di sempre e da quella cultura vinicola ormai persa, stanno ritirando fuori tutti quei sapori di un tempo che resero famosi in tutto il mondo i vini cosidetti "castellani" utilizzando esclusivamente vitigni autoctoni recuperati tanto da suscitare l’attenzione dei ricercatori di Conegliano Veneto e da ricevere lo status di azienda sperimentale. Dal 1998 ad oggi hanno recuperato dodici tipologie di vini che hanno portato l'azienda, nel corso degli anni, a ricevere numerosi riconoscimenti, fra i quali in ordine di tempo, quello ottenuto presso l'Enoteca Italiana di Siena, con l'ammissione del Grugnale, del Morato e del Tradizionale Rosso, quest'ultimo giudicato nel 2002 come miglior vino d'Italia per rapporto qualità prezzo al Salone del Gusto di Torino.

La vinificazione, che pur rispettando la tradizione si avvale di moderne attrezzature, prevede sempre una pressatura soffice, fermentazione in cisterne termocondizionate dove, per i bianchi, è prevista una temperatura controllata di 13° con il conseguente allungamento dei tempi di fermentazione di oltre due mesi, mentre per i rossi la temperatura sale a 23°. La scelta di questo formato intermedio è stata resa necessaria dalla ricerca di quei sapori di un tempo tipici dei vitignio autoctoni laziali che l'azienda cerca di difendere, da qui la necessità di avere selezioni delle masse per creare successivi tagli a seconda delle specifiche esigenze. I terreni, invece, sono localizzati a Montagnano, vicino ad Ardea, a Colle dell'Asino, vicino Ciampino, e a Valle Preziosa, vicino Grottaferrata dove, tra l'altro, si trova la nuova cantina.

Il Cavalier Cugini e suo figlio Alessandro mi hanno fatto degustare, durante la visita in cantina, molti dei loro vini che, a mio giudizio, trovo tutti gradevolissimi e dal rapporto qualità/prezzo straordinario costando al massimo dieci euro. Tra quelli da me provati metterei in risalto:

Adelaide 2005: da uve trebbiano giallo, trebbiano verde, malvasia rossa, pecorino, cesanese bianco, chiapparone, tutti in ugual misura, il vino ha un colore giallo carico e presenta al naso intensi aromi di pesca matura, frutto della passione e fiori gialli, ma anche splendidi richiami di salvia e peperone giallo, tipico sentore conferito dal vitigno pecorino. In bocca il vino è di media grassezza e avvolgente, con un finale molto lungo giocato su toni fruttati ed erbacei. Bellissima scoperta per un vino bianco unico.

Albarosa 2005: forse l'unico vino rosato da uve rosa. E già perchè il vitigno autoctono Albarosa è un uva a bacca rosa ciclamino che viene vinificata in rosso con una fermentazione sulle bucce per circa 10 giorni a 18°. Un vero caso raro. Il vino che ne esce si presenta di un bel colore rosa e presenta al naso sentori pepe rosa, menta, fragolina di bosco e ciliegia. In bocca è intenso, di buona sapidità, e dopo la deglutizione lascia il palato fresco in quanto ritorna la bella scia mentolata che avevamo sentito all'olfattiva. Grande vino che, grazie alla vinificazione in rosso, durerà per molto tempo senza che il colore ne risenta minimamente.

DR. LOOSEN: EMOZIONI DI RIESLING

L’azienda Dr.Loosen è stata di proprietà della famiglia per più di 200 anni. Quando Ernst Loosen ne ha assunto il controllo nel 1988, lui capì che con viti a piede franco con una età media di 60 anni nei vigneti più vocati nella Mosella centrale, aveva la materia prima per creare vini di sbalorditiva intensità e di classe mondiale. Per fare ciò, Ernst ridusse drasticamete le rese per ettaro, decise di usare solo fertilizzanti organici a discapito di quelli chimici, e introdusse pratiche di cantina col solo obiettivo di permettere al vino di svilupparsi in tutta la sua potenzialità utilizzando al minimo le pratiche tecnologiche. Dr. Loosen produce solo riesling che, secondo lui, è l'unica uva che permette di cogliere l'essenza del terroir e che, in aggiunta a questo, permette di produrre grandissimi vini sia secchi che dolci. Dr. Loosen produce riesling dalle sue vigne, classificate nel 1868 come “Grand Cru” nella classificazione prussiana, dislocate lungo tutta la valle della Mosella.

L'elevata qualità dei suoi cru è dovuta a tre fattori: anzitutto l'eccezionale clima che si ha lungo l'area della valle della Mosella. I pendii ripidi con esposizione a sud permettono all'uva di raggiungere una piena maturazione, le notti fresche, anche in piena estate, mantengono l’acidità caratteristica dell’uva, mentre la vicinanza del fiume riflette i raggi solari e trattiene il calore aiutando così l’uva a maturare e proteggendo le viti dalle gelate. L'altro fattore di qualità riguarda il terreno ricco di ardesia e sostanze minerali: il suolo roccioso di ardesia e le numerose rocce affioranti mantengono anch’esse il calore del giorno ed assicurano la piena maturazione. Uno strato superficiale sottile forza le viti a scavare in profondità nel terreno per reperire le sostanze nutrienti, producendo così vini di intensa mineralità e vibranti. Ultimo fattore di qualità è dovuto all'elevata età dei vigneti aziendali che hanno un'età media di oltre 60 anni (con punte di 120 anni) e ancora sono a piede franco visto che la fillossera non ha potuto svilupparsi lungo l'area della Mosella.

Come detto in precedenza, DR. LOOSEN possiede cinque vigneti che hanno le seguenti caratteristiche:

Bernkasteler Lay: è il vigneto presenta una pendenza più gentile rispetto agli altri ed è quello con maggior ardesia. Vini di grande ricchezza.
Wehlener Sonnenuhr: ha suolo molto sottile e l'ardesia blu è di una grande purezza. Questa caratteristica fornisce al vino una vivace mineralità e una delicata acidità. È un vino aristocratico ed affascinante che danza con grazia sul palato.
Ürziger Würzgarten: il vigneto presenta un suolo rosso, ricco di vulcanina e ardesia. Vini esotici, speziati.
Graacher Himmelreich: suolo con abbondante ardesia blu che garantisce ai vini una grande complessità e un potenziale di invecchiamento molto elevato.
Erder Treppchen: il terreno ricco di ferro e ardesia rossa si traduce in vini che sono muscolari e complessi, con una fine minerale ed intenso.
Erdener Prälat: il terreno è ricco di ardesia rossa e il vigneto è inserito all'interno di un microclima straordinariamente caldo che assicura sempre una eccezionale maturazione. I vini prodotto sono di grande potenza e nobiltà.

Le mie degustazioni:

Dr Loosen Ürziger Würzgarten Kabinett 2005: Al naso gli aromi di agrumi, in particolare buccia di limone e arancia amara, e frutta esotica lasciano spazio ad una spiccata mineralità data dal terreno estremamente ricco di ardesia. Al palato il vino è intenso, grasso e vigoroso con buona acidità. Chiude con bella persistenza su note di frutta e spezie esotiche. Da bere in una bella notte d'estate ma, se volete, da dimenticare in cantina per qualche anno. Darà ancora grandi emozioni.

Dr Loosen Bernkasteler Lay Riesling Kabinett 1999: naso molto intenso dove alla freschezza delle note di lime e di fiori gialli, si aggiunge un sottofondo minerale di idrocarburi e gesso. In bocca, nonostante l'età, si conferma ancora molto fresco e con una acidità vibrante. Chiusura su note di frutta gialla matura e fiori di acacia. Durerà ancora altri 10/15 anni.

Vino e Grana Padano: matrimonio d'amore

La storia del Grana Padano inizia intorno all'anno 1000 e fin dalle origini si lega alle vicende del territorio nel quale ancora oggi viene prodotto: la pianura del Po. Secondo la convenzione a ideare la fortunata ricetta furono i monaci dell'abbazia di Chiaravalle. Gli ingegnosi monaci scaldando il latte in capienti caldaie, ottennero un cacio consistente e di lunga conservazione. Da allora Grana Padano di strada ne ha fatta molta, sino ad ottenere dall'UE nel 1996 il prestigioso riconoscimento di D.O.P.

GRANA PADANO D.O.P. fino a 16 mesi

I caratteri organolettici di un Grana Padano stagionato 9 mesi sono rappresentati dalla granulosità e dalla colorazione bianca della pasta. La sua capacità di frantumarsi a scaglie è scarsa ed il formaggio presenta profumi non ancora complessi, che ricordano però il latte e la panna da cui si origina. In bocca ha tendenza dolce e una discreta grassezza. La sapidità è appena accennata e stimola una discreta salivazione. Per ottenere un abbinamento eccellente possiamo proporre vini bianchi giovani e freschi con profumi di frutta fresca mai invadenti oppure un grande Brut italiano o uno Champagne francese, magari di sboccatura non recente.

GRANA PADANO D.O.P. oltre i 16 mesi

Il Grana Padano stagionato 16 mesi si presenta con una colorazione leggermente paglierina e con una leggera granulosità. Gli aromi ricordano ancora il latte e la panna, ma emergono anche profumi più complessi di burro e fieno. In bocca la nota dolce si è molto attenuata e lascia il passo ad una discreta salinità ed una accennata piccantezza. E' un formaggio che stimola la salivazione, anche perchè dopo la sua deglutizione rimane sulla lingua una leggera e sottile patina di grasso. Il vino che sarà in grado di contrastare le caratteristiche di questo formaggio deve essere leggermente tannico e, quindi, un rosso di discreta intensità e persistenza, ma ancora giovane, fresco e in modo che si percepiscano sia gli aromi e i sapori dell'uva originaria, sia quelli complessi dovuti alla maturazione.

GRANA PADANO D.O.P. oltre i 20 mesi

Alla vista il Grana Padano stagionato 20 mesi e oltre si presenta evoluto; infatti, il colore è giallo paglierino carico; la granulosità è accentuata e si scaglia facilmente. Questo "magico" prodotto presenta aromi evoluti di burro e di fieno e note floreali di mais; in bocca è particolarmente solubile e friabile, con una sapidità e una piccantezza accentuata. Dopo la sua deglutizione, la bocca rimane colma di sapori, che si stemperano lentamente fornendo sempre nuove sensazioni. Il vino che accompagna questa stagionatura di Grana Padano deve essere in grado di contrastare le evidenti e prorompenti sensazioni del formaggio e, quindi, dovrà essere morbido, tannico, con una buona gradazione alcolica, intenso e persistente. Non dimenticate che il Grana Padano ben maturo si predispone, per contrapposizione di aromi e di sapori, a matrimoni elettivi con i vini passiti e liquorosi, che stemperano la tenue vena aggressiva, ricomponendo sul palato l'armonia e l'equilibrio.

(fonte Grana Padano)










































Presentato il vino della AS ROMA

L'altro ieri presso il Vinoforum dei giardini del lungotevere Maresciallo Diaz, sono stati presentati i Vini della Roma. Per la società giallorossa la prestigiosa casa produttrice Scrimaglio ha confezionato quattro prodotti: il Pinot Brut AS Roma, il Monferrato rosso Doc AS Roma, il Monferrato bianco Doc AS Roma e il Vino Rosè AS Roma. Tutti i vini, sono stati prodotti tra il Piemonte e Nizza e saranno distribuiti nel Lazio dalla Vernuccio Beverage. I vini della Roma sono già in vendita da una settimana con un costo consigliato di 20 euro a bottiglia e con previsioni di vendita di 100 mila unità.
Ha partecipato all'evento anche l'ex campione giallorosso Roberto Pruzzo. Oltre al "bomber di Crocefieschi", doveva essere presente l'ad giallorosso Rosella Sensi, che non ha potuto partecipare per la nascita del suo nipotino.
"Sono vini decisi e di carattere così come la Roma", ha detto Andrea Caloro, che si occupa dei brand della Roma in collaborazione con Cristina Sensi. Questo vino si andrà ad aggiungere ad altri importanti marchi che collaborano con AS Roma come Fiat, Alfa, Lancia, Juventus, Milan, Genoa, Bayern e Ajax.

Le dichiarazioni di Andrea Caloro
"Questa iniziativa nasce da un'idea della Sensi. E' un'operazione di livello eccelso e ci auguriamo presto di brindare ai successi della Roma, lo speriamo tutti. Questa è un'operazione che vuole valorizzare il marchio giallorosso anche fuori dal campo, cercheremo di entrare in nuovi mercati. In fondo è un vino italiano". (fonte Romanews)

Volete che commenti? Sono romanista per cui sarei di parte ma, di certo, a livello enologico ne avremmo fatto senz'altro a meno visti i 20 euro, minimo, di costo a bottiglia. Rosella compraci Drogba e lascia stare il vino...che ti fa male



Dopo il Brunello ora tocca al Montepulciano...

MONTEPULCIANO (SIENA), 6 GIU - Dopo il Brunello, anche il Nobile di Montepulciano, altro importante vino toscano, finisce nel mirino della magistratura. S'indaga per accertare se il Nobile sia stato tagliato, a partire dal 2004, con uve provenienti dal centro e dal nord Italia. Nelle scorse settimane la GdF ha sequestrato 120mila hl di vino di 'Cantina Vecchia' e sono indagati per frode in commercio il titolare dell'azienda Enrico Trabalzini e il presidente del Consorzio del Nobile Luca Gattavecchi. (fonte Ansa)
Piccolo commento: Si stanno scoperchiando le pentole, e come consumatore chiedo, anzi, esigo che si faccia pulizia nel mondo del vino perchè mi son rotto, se le cose stanno davvero così, di essere truffato. Se volete realizzare un vino più internazionale e più commerciale, per me va bene, ma allora fate un Igt e lasciate stare la Docg e non prendeteci per i fondelli. Vogliamo chiarezza ed onestà. Per fortuna che ci sono ancora tanti piccolo vignaioli che realizzano perle enologiche non per il grande pubblico. Grazie di esistere.

Vini del Mondo a Spoleto: piccoli appunti di degustazione - seconda parte

Torniamo ora nella regione Marche per degustare un vino che fa sempre un pò discutere, lo si odia o lo si ama alla follia: il Kurni. Da uve Montepulciano, il Kurni trascorre un periodo di affinamento di 18/20 mesi in barriques sempre nuove di diversi legni (Vosges, Tronçais, Allogny, Allier, Never e Missuri). Vino di straordinaria potenza e dalla grande concentrazione antocianica, l'annata 2005 presenta al naso note di frutta di bosco matura, moka e sottobosco. In bocca il vino è potente, carnoso, quasi masticabile e presenta un discreto residuo zuccherino che può spiazzare il bevitore che si aspetta un normale montepulciano. Un vino estremo che può dividire.
Cambiamo regione e andiamo verso le Cantine Ceci di Torrile, che presentano vari prodotti tra i quali spicca ormai il noto Otello Nero di Lambrusco, un vino di grande eleganza, sia a livello di packaging, con la bellissima bottiglia nera e l'etichetta dorata, sia a livello gustativo, dove la cremosa spuma color viola dà il benvenuto a intriganti note olfattive di fragolina, lampone e iris. Al palato il vino è corposo ed equilibrato, dotato di buona frescezza e di un tannino presente ma non ruvido. Bella persistenza finale in cui tornano le note fruttate. Altro vino presente allo stand delle Cantine Ceci era il Desdemona brut (charmat da uve Malvasia, Riesling ed una piccola percentuale di Pinot Nero con etichetta in pelle) dalle belle note fruttato/floreali e che, dal mio punto di vista, andrà bene come aperitivo dentro qualche locale di Milano Marittima. Preferisco la strada qualitativamente intrapresa per il lambrusco, il Desdmona mi sembra più che altro una efficace operazione di marketing stile glamour.
Grande scoperta è stata Vittorio Graziano, libero vignaiolo (praticante) come si ama definire, che ha nella sua filosofia scoprire e realizzare il potenziale del territorio, includendo in esso lo studio e l’osservazione del clima,del terreno,i vitigni e la cultura storica della tradizione enologica locale. Il suo Lambrusco Fontana dei Boschi, da uve grasparossa, è un vino senza compromessi, con una spuma cremosa e presenta al naso note di piccoli frutti rossi, viola e spezie, avvolte da un carattere di rusticità che lo rendono molto legato al territorio. Al palato, grazie al suo estratto e agli oltre dodici gradi, il vino si presenta caldo e di buona struttura, con un finale di grande persistenza e sapidità. Un vino che finisce all'istante nel bicchiere se abbinato ad un bel piatto di salumi.

Vini del Mondo a Spoleto: piccoli appunti di degustazione - prima parte

E' la terza volta ormai che partecipo a questa bella rassegna enogastronomica. Passeggiando con la mia ragazza (ormai prossima sommelier) ed i nostri fidi calici appesi al collo, ho potuto scoprire e, in alcuni casi, riscoprire, alcune piccole chicche enologiche. Quali? Anzitutto l'azienda vitivinicola Ciù Ciù (strano nome vero?), di proprietà della famiglia Bartolemei che, con i suoi cento ettari di vigneto situtato nella zona di Offida, produce dei vini molto interessanti al centro dell'area di produzione del Rosso Piceno Superiore. Il primo vino degustato di questa azienda si chiama LE MERLETTAIE, uva pecorino 100%, che presenta al naso note di erbe di campo e fiori di biancospino con un lieve accenno vanigliato dato dal passaggio in rovere del vino. Al palato e fresco, rotondo e avvolgente, dotato di una grande sapidità. L'altro vino degustato di questa azienda è stato l'OPPIDUM 2002, un montepulciano in purezza, dai bei profumi di visciola, mora, viola passita, caffè e spezie dolci e dotato di una bocca molto morbida ed elegante e dotata di una bella corrispondenza all'olfatto. Vini, certo, da non strapparsi (per ora) i capelli, ma provenienti comunque da un'azienda che sta puntando decisa per la qualità lasciandosi alle spalle un passato da vini sfusi.
Altra cantina degna di menzione è la marchigiana Conti di Buscareto, che ha come obiettivo riscoprire e mettere a dimora i vecchi vitigni marchigiani per poi vinificarli in una chiave nuova, moderna, seguendo processi produttivi e qualitativi all’avanguardia della tecnica enologica attuale. Di questa azienda agricola ho degustato l'AMMAZZACONTE, da uve verdicchio accuratamente selezionate e vendemmiate tardivamente, che presenta un naso fine e delicato giocato sulla frutta gialla matura e note floreali. In bocca è fresco,intenso, dotato di buona persistenza e sapidità. Altro vino degno di nota è la LACRIMA DI MORRO D'ALBA, vino non certo complesso, ma di un bellissimo naso dove spiccano i sentori di petalo di rosa appassita, frutti di sottobosco e pepe rosa. Bocca calda, morbida, con tannini ben equilibrati ed una buona persistenza aromatica finale.
Altra bella scoperta è stata la Cantine Leonardo di Taurasi, che da anni concentra ogni sforzo nella coltura specializzata della vite e nella sperimentazione di cantina. Come è facile pensare, la famiglia Leonardo, attravero il marchio Contrade di Taurasi, pone particolare attenzione all'aglianico da cui esco un bellissimo vino, il Taurasi, che ho degustato nella splendida versione base dell'annata 2001. Al naso intensi profumi di prugna appassita, marasca, viola passita e spezie nere. In bocca è potente, intenso, aristocratico, con un tannino giustamente vigoroso ma vellutato. Bella versione di taurasi e sono molto curioso di bere la riserva che, a quanto mi dice il produttore, è difficile trovare. Sempre della stessa cantina, ho degustato un bianco da uva autoctona, il gresco moscio o Grecomusc', un 2006 dagli aromi olfattivi molto decisi che vanno dalla frutta gialla non troppo matura, alla mandorla e al fieno selvatico. Bello il palato dove equilibrio e armonia si sposano in maniera eccelente con un finale molto lungo e persistente. Bottiglia molto rara e, a quanto mi dice il produttore, da lungo invecchiamento.