Gli Antichi Vinai dell'Etna alla corte dell'AIS di Roma

Lo scorso venerdì sera l'Ais di Roma ha organizzato l'ennesima grande degustazione di vino, stavolta presentando i prodotti distribuiti da Carreri dal 1462, storica famiglia che già nel XV secolo iniziò la coltivazione delle viti ed il commercio del vino. Tante le etichette e i prodotti a disposizione, dalla Birra allo Champagne, dal Vino ai Distillati e al Caffè. Ponendo chiaramente attenzione al reparto enologico, i vini che mi hanno destato un certo interesse sono stati il sempre ottimo Brunello di Montalcino 2004 di Podere San Lorenzo ed il Koinè 2004 di Antichi Vinai.
Tralasciando di descrivere le emozioni del Brunello di Podere San Lorenzo, dettagliate in un precedente post sulla recente Anteprima 2009, la vera scoperta di questo evento romano è sicuramente stata l'azienda siciliana Antichi Vinai che, da quattro generazioni, è condotta magistralmente dalla famiglia Gangemi che incentra tutta la filosofia aziendale sulla valorizzazione dei vitigni autoctoni siciliani, soprattutto dell'Etna.
Il Koinè 2004 è un vino del vulcano, un vino ottenuto da uve Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio nate sui terreni vulcanici e sabbiosi delle pendici dell'Etna ed allevate ad alberello. Sono terreni difficili quelli dell'Etna, con una bassissima resa al vigneto, ma che creano un'altissima concentrazione di gusto e personalità delle uve. I grappoli sono raccolti a mano al momento della maturazione tardiva, per esprimere il massimo della struttura e gradazione. Il Koinè viene vinificato con pigiatura soffice e macerazione con bucce, per poi affinarsi in piccole botti di rovere e in bottiglia per almeno un anno.
Di un bel rubino intenso, il Koinè presenta un quadro olfattivo di bella eleganza dopo ci sono belle pennellate di fragola di bosco, ribes, corbezzolo, liquirizia, cacao in polvere e un bel tocco di mineralità che rende ben percettibile il terroir. In bocca forse il vino perde qualcosa perchè, a fronte di un un bell'equilibio generale, forse manca un pò di carattere ed ampiezza, piccoli peccati di gioventù che comunque non creano alcun problema alla piacevolezza e alla grande bevibilità di questo vino.
Resta comunque un gran bel vino che, pur non toccando ancora non tocca le vette qualitative del Calderara Sottana 2004 di Tenuta delle Terre Nere, si propone comunque come una valida alternativa.

Al Vinitaly verrà presentata l'etichetta parlante: voce d'oltretomba o vera novità?

Forse i tradizionalisti preferiranno continuare a farselo descrivere da forbiti sommelier, ma da oggi basta avvicinare una semplice penna elettronica all’etichetta della bottiglia per ascoltare la voce del produttore e scoprire ogni notizia e curiosità sul vino che avete davanti, nonché sulla casa vinicola che lo ha prodotto. L’Ecocoder, a dispetto del nome un po’ astruso, è un’etichetta all’apparenza identica a tutte le altre che grazie ad un semplice lettore a forma di penna – in grado di contenere fino a cento ore di registrazione di dati – decodifica la carta e il particolare inchiostro. Il debutto avverrà al Vinitaly, il Salone internazionale dedicato al mondo dell’enologia, in programma a Verona dal 2 al 6 aprile.A creare la nuova etichetta un’azienda di Castelfranco di Sotto (Pisa) in collaborazione con l’ingegnere svizzero Florentin Doering, mentre la prima bottiglia a sperimentarne in anteprima mondiale le potenzialità sarà “Palazzo della Torre”, un vino ottenuto da un particolare procedimento di vinificazione. La cosa curiosa è che la nuova etichetta “parlante” non è tanto diversa da una normale etichetta standard, in quanto l’applicazione del sistema è mirato esclusivamente ad una particolare spalmatura dell’inchiostro. Il lettore ha la forma di una penna poco ingombrante, viene fornito insieme al vino ed è in grado di interagire e decodificare la carta e l’inchiostro tramite un sofisticato scanner rifrattometro, per poi accedere alla sua memory card.«Questo progetto nasce non solo come uno strumento di marketing – spiega Daniele Barontini, titolare dell’azienda che ha lanciato la nuova tecnologia – ma anche come sofisticato sistema di antifalsificazione, in quanto in esso è contenuto una sorta di “codice genetico”, assolutamente invisibile ad occhio nudo, che può essere applicato non solo al vino bensì a qualsiasi prodotto che necessita di pubblicità innovativa e sicurezza».Di certo, la nuova etichetta permetterà anche ai profani di conoscere qualcosa in più del vino scelto, interagendo in maniera “emozionale” con la bottiglia e ascoltando la voce stessa del produttore, che potrà spiegare tutte quelle cose che non potrebbe mai fare un’etichetta tradizionale, ma potrebbe anche essere l’invenzione decisiva per difendere i prodotti del Made in Italy dalle falsificazioni sempre più frequenti sui mercati esteri (fonte: ifgonline)

Questo dice il comunicato stampa. Non vorrei dare giudizi affrettati però mi viene da pensare una cosa: non è che alla fine l'etichetta parlante ci darà la preziosissima informazione che il vino rosso va con la carne e il bianco col pesce?

Il Vin Santo 1999 di Villa Sant'Anna. Puro edonismo!

E' molto semplice parlare di Vin Santo toscano e riferirsi immediatamente all'eccellenza rappresentata dall'Occhio di Pernice Avignonesi. Meno facile, però, e forse più interessante, è parlare del Vin Santo di Villa Sant'Anna 1999, degustato durante una serata AIS a Roma, che per poco non mi faceva traballare dalla sedia per la sua carica emozionale.
Villa Sant'Anna è un'azienda toscana tutta al femminile dove la titolare, Simona Ruggeri Fabroni, nel nome di una secolare tradizione di famiglia continua a produrre vino aiutata dalle sue valenti figlie Anna e Margherita. Si è formato così un team di donne che con amore e competenza si dedicano costantemente al perfezionamento dei loro vini, impiantando nuovi vigneti ad alta densità per ettaro, rinnovando tempestivamente botti e barriques, riservando la massima diligenza alla cura delle centenarie cantine sotterranee della proprietà dove tutti i vini vengono invecchiati ed affinati a temperatura naturale.
Villa Sant'Anna produce tutti vini di territorio, dal Chianti dei Colli Senesi al Rosso di Montepulciano, dal Vino Nobile di Montepulciano (interessante mi dicono sia il Poldo) al Vin Santo che cercherò di descrivere in queste poche note.
Le migliori uve dell'azienda (40% Trebbiano, 40% Malvasia, 20% vitigno autoctono detto "Pulce in culo") vengono accuratamente selezionate e poi appassite naturalmente su stuoie in ambienti aerati; vengono quindi lavorate fino al raggiungimento della giusta maturazione zuccherina (normalmente a fine marzo dell'anno successivo). Il mosto fiore messo e sigillato con ceralacca in piccoli caratelli di una capacità massima di 80 litri, a contatto della madre, compie una lentissima fermentazione ed un affinamento che a Villa Sant'Anna viene protratto almeno per sette anni.
E nasce così il Vin Santo 1999, denso, viscoso e dal colore molto simile all'aceto balsamico. Al naso il vino esprime tutta la sua complessità e la sua finezza: tamarindo, giuggiole, uva sultanina, fico secco al forno, mallo di noce, nocciola, sono tutti i ricordi olfattivi che il Vin Santo ci trasmette grazie al lungo affinamento e alla maestria e l'amore con cui è stato vinificato ed...aspettato.
Al palato non si può notare il grande estratto e l'estremo equilibrio del vino che, sebbene abbia 16,5 gradi alcolici, scorre nella nostra gola senza alcun problema.
Vino certamente da meditazione da bere magari insieme ad un sigaro toscano. Puro edonismo!

Il crollo dei prezzi dei vini francesi. Fine della bolla speculativa?

Interessante l'articolo pubblicato ieri dall'Ansa a firma di Luana de Micco.

Anche i vini francesi, i grandi "crus", sono vittime della crisi economica che in Francia ha già messo ko il settore immobiliare. Ed il mercato crolla: è successo all'annata più prestigiosa degli ultimi tempi, quella del 2005. Un "premier cru" di Bordeaux che si vendeva a più di 1.000 euro la bottiglia fino allo scorso luglio, sul mercato londinese oggi non costa più di 500 euro. Insomma, dopo l'esplosione delle "bolle" immobiliare e speculativa in Francia, ora tocca anche a quella del vino. Naturalmente si parla dei vini che meritano la definizione di grandi "crus", prodotti straordinari e in alcuni casi unici, sia per provenienza (hanno questa denominazione concessa ufficialmente soltanto alcuni vigneti di qualità superiore), sia per annata. Si tratta di etichette mitiche come Cheval-Blanc, Palmer, Yquem, Haut-Brion, Ducru-Beaucaillou: tutti prodotti che si quotano come in Borsa e i cui prezzi seguono spesso la curva del Dow Jones newyorkese. Bottiglie di Mouton e di Latour 2008 quindi a 100 euro ad esemplare quest'anno? Non è impossibile. Gli esperti parlano di "crollo epocale" con prezzi in calo del 20%-30% per i "cru" medi (venduti intorno ai 10-20 euro alla bottiglia) e fino al 40-50% per i più noti "chateaux". Calo che sembra destinato a durare. Qualche esempio. In sei mesi la quotazione di uno Chateau-Lafite-Rothschild è passata da 1.200 euro a 600. La Revue du vin de France registrava di recente uno chateau Sociando-Mallet 2006, uno dei più grandi Haut-Medoc, a 25 euro. Sono i grandi vini che dettano le tendenze, spiegano ancora gli esperti."Se gli altri chateaux vogliono vendere, tutti dovranno abbassare il prezzo" osserva su Le Journal du Dimanche Francois Leveque, presidente del Sindacato dei broker di Bordeaux. Questo vuol dire innanzi tutto grandi affari per gli amanti del buon vino che possono approfittare del crack. E' quanto succede sul sito di riferimento 1855.com dove, dalla mezzanotte di ieri, è scattata l'operazione "Bordeaux CAC 40" con una trentina di etichette 2006 vendute a prezzi promozionali: una bottiglia di La Dame de Montrose di Saint-Estephe è venduta a 14,95 euro invece di 21,50 mentre un Senejac del 2006 (un Haut-Medoc) a 8,95 euro invece di 15,55.

E gli italiani? Come al solito qua si aumentano i prezzi, basti pensare a quanto verrà venduto il Masseto 2006...

A me il Vino Nobile di Montepulciano.....

...proprio non riesce ad entusiasmarmi. Complice una serata all'AIS di Roma ho potuto degustare gran parte della nuova produzione di Nobile di Montepulciano presentata dal Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano. Tanti i banchi di assaggio, tanti i nomi presenti, da Avignonesi a Tenuta Valdipiatta, da Poliziano a Dei, tantissimi i vini in degustazione così come le annate ma, a parte qualche rara eccezione, pochissimo entusiasmo nei confronti di ciò che si poteva bere. Motivo? Vini troppo spesso marcati dal legno (soprattutto quelli appena usciti in commercio) oppure vini che, nonostante qualche anno sulle spalle, erano ancora squilibrati e caratterizzati da un tannino tutt'altro che elegante. Questo, tra l'altro, non è stato solo un mio giudizio che, chiaramente, potrebbe avere il tempo che trova, ma è stata l'espressione di molte persone presenti in sala (tra cui qualche sommelier di servizio) le quali giudicavano in maniera tutt'altro che entusiasta il Nobile di Montepulciano che avevano appena bevuto e...giudicato.
Tra molte ombre, comunque, qualcosa di buono c'era: Tenuta Valdipiatta ha presentato un vino molto interessante, il Vino Nobile di Montepulciano Vigna d'Alfiero 2005. Dal più importante "cru" aziendale, che prende il nome da Alfiero Carpini, primo cantiniere della tenuta, che nel 1968 piantò in questa vigna il Sangiovese Grosso, nasce questo vino che, durante la serata all'AIS di Roma, è sicuramente quello che mi ha impressionato di più con il suo quadro olfattivo composto da ciliegia, lampone, fragolina, cassis, spezie dolci e un delicatissimo floreale. Finalmente non si sente il legno o, meglio, non è così "terribile" il suo impatto col naso. Bocca molto carnosa, intensa, equilbrata con un finale molto vellutato e persistente.
Non c'è da strapparsi i capelli però è una bottiglia che comprerei. Salute!

Bibenda Day 2009, ma quanto ci costi?

Girovagando sul sito di Bibenda che cosa ho trovato? Ebbene sì, il conto della serva relativo all'organizzazione dell'ultimo Bibenda day. E cosa ho scoperto? Che l'Ais e Franco Ricci ci sono "andati sotto" di oltre centomila euro.
Ora mi chiedo: a quale fine pubblicare per la prima volta il rendiconto dell'evento? L'AIS è sempre andato in perdita oppure negli anni passati non è stato così? Perchè, sapendo di perderci, si è organizzato un evento così maestoso? La risposta potremmo trovarla nel fatto che l'AIS è una associazione culturale? Oppure nella stretta relazione tra AIS e Bibenda? Tante domande ma...qualcuno saprà rispondere?

I vini

Franciacorta Brut Sigillo Teatro alla Scala 2000 / Bellavista Omaggio del Produttore
Trento Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 1993 / Ferrari
euro 2.434,62
Champagne Brut L. d’Harbonville 1996 / Ployez-Jacquemart Euro 3.071,52
Champagne Brut Fuste Rosé Clos des Goisses 2000 / Philipponnat
Euro 7.776,00
Champagne Grand Cru Blanc de Noirs Brut Contraste / Jacques Selosse
Euro 3.024,00
Gavi dei Gavi 1989 / La Scolca Omaggio del Produttore
Vallée d’Aoste Frissonnière Cuvée Bois 2002 / Les Crêtes Omaggio del Produttore
Trebbiano d’Abruzzo 1996 / Valentini
Omaggio del Produttore
Ermitage Blanc Ex-Voto 2005 / Guigal
Euro 2.548,80
Riesling Auslese Wehlener Sonnenuhr 1994 / Joh. Jos. Prüm
Euro 1.505,52
Montrachet Grand Cru 2004 / Domaine Bouchard Père & Fils
Euro 6.300,00
Cabernet Sauvignon Regaleali 1988 / Tasca d’Almerita Omaggio del Produttore
Barbaresco Asili Riserva 1996 / Bruno Giacosa Euro 4.320,00
Barolo Sperss 1988 / Gaja Euro 5.400,00
Torgiano Rosso Rubesco Riserva Vigna Monticchio 1977 / Lungarotti Euro 4.368,00
Chianti Classico Riserva 1971 / Castell’in Villa Euro 2.066,40
Château Angélus 2005 / Château Angélus Euro 11.249,28
Château La Mission Haut-Brion 2001 / Château La Mission Haut-Brion Euro 3.701,38
CdP Hommage a Jacques Perrin 2004 / Château de Beaucastel
Euro 6.604,42
Ribera del Duero Unico 1987 / Bodegas Vega Sicilia Euro 6.868,80
Beaune 1959 / Leroy Euro 22.464,00
Vin de Costance 2001 / Klein Constantia
Euro 1.360,38
Riesling Beerenauslese Erdener Treppchen 2006 / Dr. Loosen Euro 5.166,98
Acininobili 1993 / Maculan Euro 2.203,20

Costo Totale dei Vini Euro 102.433,30

La sala e l’organizzazione

L'affitto del Salone dei Cavalieri Euro 14.000,00
La scenografia, le luci e il suono
Euro 25.200,00
Dépliant informativi e spedizione Euro 15.000,00
Il lavoro dei Sommelier e degli allestitori. È escluso il lavoro dei collaboratori della Sede
Euro 10.310,00

Totale Euro 64.510,00

Il Posto a tavola

Quaderno di degustazione
Euro 2.000,00
Agenda
Euro 4.000,00
La penna
Euro 200,00
Grana Padano Euro 1.820,00
Pane Euro 500,00
Le tre bottiglie di acqua minerale
Euro 1.050,00

Totale Euro 9.570,00

Riepilogo

Totale delle uscite Euro 176.513,30
Ingresso partecipanti (Costo 180 Euro a persona)
Euro 72.000,00
Contributo a carico AIS
Euro 104.513,30

Pertanto, l’Associazione Italiana Sommelier Roma, a favore dei suoi Soci, ha contribuito con Euro 104.513,30 alla realizzazione dell’evento

Una bella realtà del casentino: Poggiotondo

Ormai penso che sia una sorta di “virus”, nel mondo del vino conosco molti dirigenti d’azienda, notai, medici che, stufi dello stress lavorativo e della vita cittadina sono, per così dire, ritornati alle loro origini contadine e alle loro vere e reali passioni: la vigna ed il vino. Uno di questi è sicuramente Lorenzo Massart, un avvocato vignaiolo o, meglio, un vignaiolo con la passione del diritto che nel Casentino, nei pressi di Subbiano, con l’aiuto di sua moglie Cinzia Chiarion (medico con la passione dell’olivicoltura), ha dato nuovo sviluppo all’azienda agricola di famiglia, chiamata Poggiotondo, dove produce sia del buon vino sia dell’ottimo olio.
Nei quattro ettari vitati dell’azienda, gestiti sapientemente dall’agronomo Augusto Zarkis, ci sono solo vitigni autoctoni, sangiovese, trebbiano, canaiolo e malvasia bianca allevati tutti a cordone speronato per un progetto di filosofia qualitativa dove la vigna è il punto cardine e dove il vino deve risultare pura espressione di territorio, senza condizionamenti legati a mode passeggere o altro.
Con il prezioso aiuto dell’enologo Claudio Sala, Lorenzo Massart produce due vini rossi, il Poggiotondo, un IGT molto interessante a base di sangiovese e canaiolo che, nel pieno rispetto della tradizione casentinese, non conosce barrique e Le Rancole, un Chianti Docg prodotto solo nelle annate favorevoli.
Il Poggiotondo 2005, durante una degustazione tenuta con altri amici sommelier, si è rivelato un vino molto timido, ritroso, che sicuramente non ci ha concesso di apprezzare tutto il suo potenziale aromatico che, nel corso di tre ore di degustazione, non si è discostato molto da una timido accenno di ciliegia e frutta di rovo. In bocca migliora le sue prestazioni con un buon equilibrio anche se rimane sfuggente, soprattutto il corpo e la persistenza meriterebbero una marcia in più. Sicuramente una bottiglia “sfortunata” perché di questo vino me ne parlano molto bene.
Altra storia con il suo “fratello maggiore”, Le Rancole 2005, prodotto con uve Sangiovese all’80% e Canaiolo al 20%, la cui maturazione in legno e l’affinamento in bottiglia 12 mesi prima della commercializzazione contribuiscono a dar vita ad un vino di diverso spessore rispetto al precendente. Interessante il naso segnato da note di confettura di ciliegia, fragolina, lampone con eleganti contrappunti floreali di viola. Unica pecca? Forse c’è ancora della vaniglia da assorbire. L’ingresso in bocca è deciso e grintoso, si espande bene al palato, con buon carattere ed equilibrio, mettendo in mostra una frutta rossa matura ed arrivando ad un finale di bella persistenza e aromaticità.


P.S.: se passate per Poggiotondo dovete assolutamente vedere gli asini sardi di Lorenzo Massart

Lucio Dalla vs Sting: piccoli vignaioli canterini crescono!

Sting si prepara a lanciare sul mercato internazionale, principalmente in Gran Bretagna e Stati Uniti, il suo vino rosso, il cui nome è ancora da scegliere, prodotto nella tenuta toscana 'Il Palagio', una collina di trecento ettari tra Chianti e il Valdarno, dove l'ex Police vive e lavora con la moglie Trudie e i loro sei figli. L'annuncio dello stesso musicista in un convegno sull'agricoltura biologica tenutosi martedì scorso a Figline Valdarno ha fatto rapidamente il giro del mondo ed ha destato molta curiosità sia in America che il Inghilterra, dove anche la Bbc se n'è occupata. Sono circa 30.000 le prime bottiglie che verranno commercializzate a settembre: si tratta di un rosso prodotto con uve di Sangiovese e un tocco di Cabernet e Merlot, che riposa da due anni in barrique. Una parte dovrebbe diventare Chianti docg e un'altra Igt Toscana.
«Non per lucro, ma per gioco e per amore» produce invece vino Lucio Dalla, dalle vigne intorno alla sua casa di Milo, nel Catanese, «qualche migliaio di litri, sia bianco sia rosso, destinati alla mia tavola, al consumo sulla barca e soprattutto agli amici. Vedo che piace molto ai miei ospiti, risponde ai miei gusti e questo già mi basta». Perfettamente in linea con tale “filosofia” la scelta del nome, tutt’altro che commerciale: “Stronzetto dell’Etna”. «Mi dicono che quello bianco sia di qualità veramente eccellente e perciò ho deciso di spiantare gradualmente il rosso ed uniformare la produzione su quella che gli esperti definiscono qualità superiore» sostiene l’artista bolognese che sull’etichetta, disegnata dal suo amico Mondino, compare vestito da derviscio.
Ma Sting e Lucio Dalla non sono da soli in questa sfida musical-etilica. Da tempo, infatti, anche Al Bano, Bruno Lauzi, Ron, Mick Hucknall dei Simply Red e Gianna Nannini producono diverse bottiglie di prezioso nettare.
Per moda o per vera passione le nostre enoteche di fiducia col tempo saranno invase di vini "musicali" che, a questo punto, ci auguriamo possiamo scegliere di acquistare così come accade nei negozi di dischi: invece che un pre-ascolto in cuffia, una pre-degustazione non sarebbe male....

Fonte: Adnkronos, Il giornale

Una splendida serata in compagnia di Martino Manetti e Arcangelo Dandini

Arcangelo Dandini e Martino Manetti, ovvero uno dei migliori chef italiani e titolare del ristorante “L’Arcangelo” di Roma, ed uno dei “grandi” del vino italiano, papà del “Pergole Torte”, mitico IGT toscano. Grandissima gastronomia e grandissimi vini insieme per una cena che da tempo sognavo e che si è finalmente realizzata, con la compagnia di Stefania ed altri amici del forum GR, qualche venerdì fa a Roma. Il menù, creato ad hoc, dallo chef non poteva essere meglio: “stuzzichino” a base di polenta cacio e pepe (la farina proviene da una antichissima pannocchia italica chiamata “ottofile”) a cui è seguito un “Viaggio a Rocca Priora”, antipasto della memoria di Arcangelo Dandini a base di frittata di ramolacce, ricotta scottona e panunto. Sapori semplici, del territorio, ormai quasi persi per noi che abitiamo in città, a cui abbiamo abbinato l’M di Montevertine 1999, bianco non più in produzione, realizzato solo nelle migliori annate con uva Trebbiano al 50% e Malvasia al 50% e che effettua un affinamento in botti di rovere di Slavonia per un periodo di circa 24 mesi ed in bottiglia per circa 12 mesi. E’ un vero peccato che la ’99 sia l’ultima annata di questo grande bianco (sono stati estirpati nel 2000 i vitigni da cui era prodotto) perché è veramente interessante il naso dove le note di fiori gialli, mela cotogna e frutta secca si fondono in una scia minerale di grande eleganza. In bocca il vino è ancora giovane, strutturato e dotato di quella fervida freschezza che ben accompagna il nostro antipasto che richiedeva un vino fresco, sapido e dalla discreta persistenza finale. Gran bel prodotto l’M di Montevertine, un vino che a detta di Martino non è stato subito capito e che solo ora sta avendo il meritato successo. Il “primo” primo della serata è uno Spaghettone all'aglio rosso, parmigiano stravecchio e mosto cotto (dedica a Gabriele Bonci). Non sono molto bravo a parole, ma vi posso assicurare che questo piatto è la quadratura del cerchio della classica “ajo e oio”. Cottura divina, profumi perfettamente equilibrati ed un gusto che ti rimette a pace col mondo. L’abbinamento? Un delizioso Montevertine 2006, fratello più piccolo del Pergole Torte, che mi ha incantato per i profumi da “village” della Borgogna e per una freschezza ed un equilibrio da brividi. Un vino che per i suoi 20 euro circa rappresenta un prodotto dall’incredibile rapporto q/p. Il “secondo” primo è un altro piatto tipico della cucina laziale: la Matriciana. Che dire? Ne ho mangiate tante di “matriciane”, a casa o al ristorante, ma vi assicuro che questa fa parte di un’altra galassia per qualità di materie prime, preparazione e sapori. Il Pergole Torte 2006 ha degnamente accompagnato questo piatto. Vino appena uscito in commercio, è ancora giovanissimo e si caratterizza per gli intensi e suadenti profumi di lampone, ciliegia, visciola, viola a cui segue una fresca scia balsamica. Bocca ancora da equilibrare perfettamente, ma la materia prima c’è e la qualità si sente eccome. Dimenticatelo qualche anno in cantina e avrete uno dei migliori Pergole Torte prodotti. Parola di Martino!
Col filetto di bue piemontese in salsa di vino rosso e scalogni stufati, altro splendido piatto cucinato dallo chef e che mi fa capire come la carne buona non si trovi solo in Toscana o in Argentina, abbiniamo due “chicche” portate da Martino: il Novantuno di Sergio Manetti e il Sodaccio 1983. Il primo, dalla bellissima etichetta raffigurante un Sergio Manetti versione ballerino, è praticamente un Pergole Torte declassato visto che, a quel tempo, l’annata non si riteneva all’altezza (un po’ come è successo con il millesimo 2005 dove tutte le uve però sono confluite nel Montevertine). Avevano ragione a quel tempo a sminuire l’annata? Col senno del poi rispondiamo di no, il vino difatti è grandioso con i suoi ricordi di ciliegia matura, viola appassita, sottobosco, erbe aromatiche e una scia balsamica così intensa che la nostra mente ci evoca un campo di eucalipto. Al palato è ancora succoso, grintoso e soavemente armonico. Altro che, questo è un vero Pergole Torte, un grande Pergole Torte!
Il Sodaccio 1983, espressione di una vecchia vigna del 1972 che ora è stata espiantata, nonostante i capelli grigi dell’età che si riflettono nel suo colore aranciato, è ancora oggi un grandissimo vino con i suoi profumi di humus, fiori secchi, rabarbaro, grafite, un po’ di dado da brodo. In bocca il vino è ancora vivo, teso, convince appieno e, a dispetto dei suoi 25 anni, rimane ancora là, bello prepotente e con nessuna voglia di passare la mano.
Gran finale con una sublime cassatina di ricotta a cui abbiamo abbinato un Alsace Pinot Gris Rotenberg Vendange Tardive 1996 Domaine Zind Humbrecht portato dal fido Fabio “Redisasso” che, con questa chicca, ci ha portato dalla Toscana in Alsazia con un vino che alla cieca potremmo facilmente confondere con un riesling. Frutta gialla matura, spezie e un tocco di minerale per un vino che fa della grande freschezza il suo punto di forza e che lo porterà avanti per ancora tanto, tantissimo tempo.
Non saprei che altro aggiungere se non che è stata una serata fantastica, unica, dove la passione per il vino e la grande cucina si sono fuse dando vita a momenti di puro edonismo enogastronomico.
Arcangelo e Martino, che bello conoscervi!

Vino rosso, resveratrolo e salute: chi ha ragione??

Leggendo qualche articolo su vino e salute mi sono imbattuto in teorie che vedono il vino rosso come amico/nemico della nostra salute. La comunità scientifica sembra molto divisa sulla questione e tutto ciò certo non aumenta nè le nostre certezze nè la nostra fiducia verso questi ricercatori. Di che si tratta? Ecco a voi la spiegazione delle mie titubanze.
Le azioni terapeutiche del vino sono note dalla notte dei tempi, sia nella cultura asiatica che europea. In questi ultimi tempi le ricerche su base biochimica e molecolare hanno consentito di individuare il meccanismo d'azione delle sostanze contenute nel vino favorevolmente attive come antiossidanti. Tra i componenti del vino, il Resveratrolo è il fenolo più noto dal punto di vista terapeutico, tanto che la ricerca chimica sta individuando degli analoghi ai fini della commercializzazione. L'interesse in epoca moderna sui fenoli contenuti nel vino inizia con il rilievo del cosiddetto paradosso francese: la minore incidenza di malattie cardiovascolari nella popolazione del sud della Francia che consuma vino rosso, rispetto a popolazioni con dieta simile, ma priva di vino. Dopo alcune diatribe sull'efficacia del vino attribuita da alcuni alla componente alcolica, una serie di ricerche cliniche ha dimostrato maggiore efficacia del vino rispetto ad altri alcolici (birra,whisky), nella protezione dalle malattie cardiovascolari. Nel 1997, ricercatori statunitensi pubblicano sulla rivista " Science " una ricerca che dimostra l'arresto di crescita di cellule neoplastiche umane in coltura, aggiungendo Resveratrolo. Le ricerche iniziate in vitro sono continuate su molti tumori umani, e attualmente studi clinici valutano il ruolo del Resveratrolo nella prevenzione dei tumori. Tutto chiaro? Lo sapevamo tutti che il vino rosso allungava la vita no? E invece no!!!!!!!!!!!!! Tutte le mie certezze crollano quando leggo, lo scorso 26 febbraio, che bere anche un solo bicchiere di vino o di birra al giorno puo' aumentare il rischio di sviluppare un tumore, soprattutto nelle donne. L'allarmante notizia arriva da uno studio di un gruppo di ricercatori del britannico Centro di ricerche sul cancro, che si e' basato su una ricerca effettuata su oltre un milione di donne. Secondo gli scienziati, l'alcool e' responsabile, nel complesso, di circa il 13% dei tumori a seno, fegato, retto, bocca e gola. Per uno degli autori dello studio, Naomi Allen, "circa il 5% di tutti i tumori in Gran Bretagna sono dovuti al bere il 'bicchierino' di fine giornata". Durante i sette anni dello studio, pubblicato sul 'Journal of national Cancer Institute' un quarto del 1.300.000 donne esaminate ha riferito di non bere alcol. La maggior parte delle 'bevitrici' ha raccontato di consumare una media giornaliera di un bicchiere di vino o una birra media. Quasi 70.000 donne hanno sviluppato il cancro e gli scienziati hanno potuto ricavare un modello sul consumo di alcolici. Il risultato: l'abitudine di un bicchiere al giorno ha aumentato il rischio di sviluppare tumori nel 6% delle donne con meno di 75 anni. I ricercatori britannici hanno anche elaborato dati a seconda del tipo di cancro: un bicchiere al giorno aumenta del 12% il rischio di quello al seno, del 10 al retto, del 22% all'esofago, del 24 alla bocca e del 44% alla gola.

E ora chi ha ragione? Per fortuna che due giorni fa è uscito un altro articolo che spiega che un gruppo di ricercatori ha studiato un campione di 789 donne tra i 18 e 50 anni residenti nel Chianti, alle quali è stato sottoposto il questionario FSFI (Female Sexual Function Index) che valuta la funzionalità sessuale femminile attraverso 19 domande su diversi aspetti della sfera intima, dal desiderio all’interesse, dall’orgasmo alla soddisfazione. Dai risultati è emerso che le donne che bevono 1-2 bicchieri di nettare di Bacco al giorno (l’11%) hanno una sensualità migliore rispetto alle astemie (il 35%) o anche solo a quelle che bevono occasionalmente. Il merito della soddisfazione sessuale femminile? I polifenoli contenuti nel vino rosso, in particolar modo il resveratrolo.

MA ALLORA FA BENE O MALE IL VINO??????????????
(fonti: http://www.blogscienze.com, http://www.scienzaonline.com)

Il Verduzzo friulano di Denis Montanar

Macerazione in tini aperti di legno per 1 giorno, torchiatura manuale, fermentazione con lieviti naturali ed affinamento sulle fecce fini per 2 anni in barriques di rovere francese di 3°passaggio. Nessuna chiarifica e filtrazione. 1100 bottiglie prodotte all’anno.
Quanto sareste curiosi di degustare un vino bianco con le seguenti caratteristiche?
La mia di curiosità finalmente si è placata quando durante la manifestazione “La Renaissance des A.O.C.” a Roma ho potuto incontrare, anche se per pochissimi istanti data la folla di persone che era presente al suo banco, Denis Montanar, piccolo grande vignaiolo friulano che del rispetto della natura ha fatto una propria filosofia di vita.
Denis Montanar proviene da una famiglia di agricoltori da tre generazioni. Il suo impegno in questo settore inizia nel 1989, quando comincia ad occuparsi dell’azienda del nonno, prendendo in affitto i suoi vigneti. Successivamente acquista 2 ettari di terreno impiantandoli a vigneto
. Nel 1995, insieme alla moglie Alessia, decide di incrementare la loro proprietà, acquisendo 10,5 ettari di terreno e le case rurali annesse. Nasce così l’idea del progetto e del marchio derivanti dall’antico nome del borgo: Borc Dodon (in dialetto friulano). La coltivazione è a conduzione biologica da 8 anni per i vigneti e da 3 anni per il seminativo. Montanar produce nella sua azienda il Refosco dal peduncolo rosso, Uis Neris, Uis Blancis, Tocai, Merlot e Verduzzo friulano.
I suoi vini sono tutti “particolari”, unici, a partire dalla bottiglia il cui tappo di sughero viene “sigillato” attraverso una capsula in semplice cera d’api, materia che permette al vino di “respirare” pur mantenendo inalterate le sue caratteristiche organolettiche.
Venendo ora al suo Verduzzo Friulano Scodavacca 2002, questo vino proviene da un piccolo appezzamento di terra, meno di mezz’ettaro, caratterizzato da terreno prevalentemente argilloso e da vigne di otto anni di età piantate a guyot bilaterale che, grazie ad una densità per ettaro di
circa 6.500 ceppi e ad una cura maniacale in vigna, permettono un resa di circa 25 q/ha (bassissima!).
Già al colore il vino si mostra “anticonvenzionale” con il suo colore a metà strada tra il rosa chiaretto e il giallo dorato intenso (mi ricorda la tonalità di alcuni vecchi rosati della zona francese del Bandol), ma è il naso quello che stupisce di più coi i suoi sentori di frutta secca, miele di castagno, cera d’api, camomilla e noce moscata. Bocca che non tradisce, ampia, complessa di sfumature gustative e dotata di un equilibrio da applausi in quanto la componente alcolica del vino, e parliamo di 14,5%, è supportata ottimamente dalla freschezza e dal tannino (!) tipico dell’uva Verduzzo. Finale di buona persistenza e personalità che lascia in bocca delicati aromi di frutta secca, miele e spezie dolci.

Gambero Rosso e Slow Food. Fine di un amore?

La notizia è stata riportata ieri da Francesco Arrigoni sul sito del Corriere della Sera (http://webwinefood.corriere.it/2009/03/guida_vini_ditalia_divorzio_ga.html).
Gambero Rosso e Slow Food sembrano, e il condizionale è d'obbligo, sulla strada della separazione, più o meno consensuale, a causa di una serie di dissapori che, secondo l'autore dell'articolo, si possono così sintetizzare:
  • il cambiamento di proprietà e amministratori della società editrice del Gambero Rosso (la GRH spa) la cui quota di capitale è detunuta da una fiduciaria (e sui reali proprietari si sono fatte molte ipotesi tra le quali quelle di Paolo Panerai di Milano Finanza e l’imprenditore vinicolo Zonin, ma che da questi sono sempre state seccamente smentite;
  • l'estromissione dal Gambero Rosso di Stefano Bonilli;
  • la nascita della Federazione Vignaioli Indipendenti, la cui costituzione è stata ampiamente supportata da Slow Food che in tal modo abbandona le logiche dei grandi marchi per venire incontro ai piccoli vignaioli che spesso sulle guide trovano poco spazio.

Il futuro? E' tutto da vedere, intanto sul forum del Gambero Rosso ho aperto un topic per capire cosa ne pensano di tutto questo gli enoappassionati. Chissà che non mi risponda Cernilli...
(http://www.gamberorosso.it/grforum/viewtopic.php?f=13&t=58115&sid=c446951ce7b3a58b39e4d0c76a31fcb4)

Gli anni '80 e gli anni '90 di Josko Gravner

Sabato 21 Febbraio in occasione dell’Anteprima del Brunello, con qualche amico abbiamo stappato delle vecchie annate di Gravner, bottiglie quasi introvabili visto che parliamo del Riesling Italico 1988, del Pinot Grigio 1989, della Ribolla 1990, del Sauvignon 1992 e dello Chardonnay 1994.Cinque grandi vini e cinque sorprese nel bicchiere, positive o negative non importa, quello che conta è l'emozione che offrono perchè siamo tutti coscienti di trovarci di fronte ad un pezzo distoria del vino italiano.
Iniziamo col Riesling Italico 1988. Colore dorato intenso, al naso esprime una bella evoluzione con sentori di cera d’api, erbe alpine e funghi secchi che dopo qualche tempo virano su note di leggero idrocarburo e miele di castagno. Bocca meno espressiva del naso, si sente che il vino ha tanti anni sulle spalle e non riesce ad allungarsi come vorrebbe nonostante una bella vena acida. Ad averne, comunque, di vini bianchi d’annata così!
Il Pinot Grigio 1989, con tutte le distinzioni del caso, sembra un vino alsaziano, sia per l’integrità dimostrata, sia per le note aromatiche e gustative. Il Pinot di Gravner è un vino da camino, uno di quelli che ti berresti di inverno in uno chalet di montagna tante sono le analogie con la stagione: sentori di legno di pino, resine nobili, frutta secca, tartufo e un leggero affumicato fanno da cornice ad un prodotto che, a differenza del Riesling precedente, in bocca è vivo, polposo, dotato di uno stupendo equilibrio e di grande PAI. Mi innamoro sempre più di questo vitigno.
La Ribolla Gialla
1990 è sicuramente il vino più delicato ed elegante della batteria, a partire dal naso che presenta un quadro aromatico composto da frutta gialla e fiori di campo essiccati più qualche pennellata di pietra bianca ed erbe aromatiche. In bocca il vino è molto intenso, con una acidità ed una sapidità che ben equilibrano la vena alcolica ancora presente del vino. Finale persistente anche se non da numero uno. Vino femminile.
Con il Sauvignon 1992 siamo davanti ad un vero e proprio capolavoro. Ha sedici anni mapotresti tranquillamente dargliene uno o due tanto è giovane e fervido, a partire dal naso, intensissimo e molto tipico nei suoi profumi di frutta gialla matura, sambuco, scorza di agrumi, erbe aromatiche, foglia di pomodoro. Qualcuno accenna anche alla “benedetta” pipì di gatto…. In bocca il vino è un vero spettacolo: grasso, quasi masticabile, è equilibratissimo e per nulla stucchevole nella sua possanza. Persistenza da brividi. Da bere a litri, è un vino che ha davanti ancora tanto tanto tempo. Se qualcuno ne ha una bottiglia in cantina….pago bene!!
Le note dolenti iniziano e finiscono con lo Chardonnay 1994, un vino che sicuramente è stato conservato male visto che non posso pensare che un vitigno del genere non possa reggere il tempo (vedi alla voce Chardonnay di Borgogna). Magari anche Gravner ci avrà messo del suo, non so, ma questo vino è totalmente ossidato, a cominciare dal colore ambra scuro, per proseguire col naso, i cui aromi sembrano quelli del passito di Pantelleria, per finire con la bocca, totalmente “andata” e priva ormai della sua spina dorsale. Mi piacerebbe sentire un'altra bottiglia per fare il confronto.

Vendemmia a quattro stelle per l'annata 2005 del Taurasi Docg

Quattro stelle all'annata 2005 del vino Taurasi Docg. Lo ha stabilito un'apposita commissione formata da tecnici operanti in provincia di Avellino e presieduta da Luigi Moio, professore ordinario di Scienze e tecnologie alimentari all'Università di Napoli. Il rating attribuito dalla commissione equivale a un'annata ottima. Nel medio termine, potrebbe anche esserci un eventuale ritocco del giudizio, come già accaduto per il Taurasi 2001.
Gli enologi, riuniti per formulare una prima sintesi sul valore della vendemmia 2005, si sono concentrati sui principali aspetti produttivi e organolettici evidenziando il carattere "duro e austero" dell'annata, ma anche la notevole "integrità e complessità aromatica" di buona parte dei vini testati e il loro promettente potenziale di invecchiamento.
Da un punto di vista quantitativo, la 2005 è stata un'annata piuttosto scarsa per l'aglianico, base del Taurasi, specialmente se rapportata all'abbondante vendemmia 2004. In linea con i trend degli ultimi anni, diminuisce ulteriormente la produzione di aglianico destinato a Taurasi Docg. A fronte di 830 ettari iscritti all'Albo dei vigneti, le denunce di produzione si riferiscono a una superficie vitata pari a 262 ettari. Da questa superficie sono stati prodotti 14.999 quintali di uva e 9.749 ettolitri, pari a 1.299.953 bottiglie di Taurasi Docg della vendemmia 2005.
Sabato e domenica prossimi, a Taurasi, nel cuore dell'Irpinia, si svolgerà la settima edizione di Anteprima Taurasi Vendemmia 2005, presso il Castello Marchionale. (fonte apcom)