Domaine Labet a Rotalier: tutto il bello del Jura a portata di bicchiere

Rotalier è un villaggio (non ho trovato sinonimo migliore) composto da 173 anime e da un pugno di casette localizzato nella parte sud dell'AOC Côtes du Jura. In questo fazzoletto di territorio nell'est della Francia è localizzata la piccola cantina di degustazione del Domaine Labet varcata la quale, tra vecchie bottiglie, giornali e panche di legno, mi aspetta Julien Labet, terzo di tre fratelli (gli altri sono Charline e Romain) che da qualche anno hanno preso le redini dell'azienda fondata dai loro genitori Alain e Josie che nel 2012 si sono dichiarati ufficialmente pensionati.
Julien Labet - Foto: jurawine.co.uk
Julien, mentre rimette a posto le tante bottiglie usate per una precedente degustazione, mi spiega che nel 1997 ha iniziato a lavorare nella piccola impresa di famiglia, che produce vino a Rotalier fin dagli anni '70, dopo aver fatto esperienza come enologo prima in Sud Africa e poi nella vicina Borgogna. A quel tempo la sua idea di viticoltura era leggermente diversa da quella suo padre che, tradizionalmente, portava avanti una filosofia agronomica non del tutto naturale.

"In realtà - mi spiega Julien - quando nel 1974 mio papà iniziò a produrre vino, tentò assieme a Pierre Overnoy e Jean Macle di Château-Chalon di coltivare la vigna organicamente ma, visto il clima qua in Jura e gli investimenti fatti, ebbe tremendamente paura di perdere il raccolto per cui, sempre in maniera ragionata e in piccolissime dosi, ha iniziato ad usare prodotti chimici.....".


E' per questo motivo che nel 2003 Julien decide di invertire la marcia e lo fa prendendosi tre ettari di vigna tutta per sé che man mano verrà coltivata in maniera biologica, ovvero senza uso di fertilizzanti ed insetticidi, ricevendo nel 2010 la certificazione ECOCERT. 

Questa scelta, inizialmente, ha fatto sì che sul mercato uscissero vini con etichetta Domaine Labet (supervisionati da Alain) e vini a marchio Domaine Julien Labet (Les Vins de Julien) che sempre più spesso trovarono apprezzamento all'interno delle fiere naturali (la più importante in Jura è “Le Nez dans Le Vert).

interno cantina
Oggi, fortunatamente, questa confusione è stata eliminata visto che tutti gli altri 10 ettari di vigneto del Domaine si stanno progressivamente convertendo al biologico andando incontro alla filosofia di Julien che tende a valorizzare l'importantissimo patrimonio ampelografico dell'azienda diviso in 45 parcelle ripartite su 4 comuni e 13 "lieux dits" dove vengono coltivate vecchie viti di chardonnay (66%), savagnin (17%), poulsard (8%) pinot noir (6%), trousseau (1%) e gamay (1%) che possono raggiungere anche i 100 anni di età.

Julien nelle vigne. Foto: Sarfati.it

La caratteristica principale del Domaine Labet è che ogni parcella viene vinificata separatamente in modo da poter far esprimere al massimo il terroir di provenienza. Un approccio simile ai vini di Borgogna che porta Julien a vinificare mediamente diciotto cuvée di cui dodici da vini bianchi (maggioranza savagnin) e le altre sei da vini rossi. 

In cantina si cerca di lavorare il più naturale possibile per cui, come mi spiega Julien mentre mi versa il primo vino, la fermentazione si avvale dell'uso di lieviti indigeni con una affinamento, per la maggior parte delle cuvée, effettuato sulle fecce fini (sur lie) in botti di rovere da 228 litri di almeno quattro anni di età (si arriva anche a quindici). I vini ottenuti, inoltre, non sono né chiarificati né filtrati. L'unico prodotto che viene aggiunto, in dosi molto basse, è un po' di solforosa al fine di permettere ai vini di essere trasportati senza problemi. L’imbottigliamento avviene in primavera quando i vini sono freddi e limpidi.


E' il momento di degustare qualcosa assieme e, come da tradizione giurassiana, iniziamo con i rossi. Il primo servito è il Poulsard "En Billat" 2016 (100% poulsard) proveniente da vecchie viti piantate nel 1898, nel 1955 e nel 1988 con esposizione est su terreno composte da marne del Lias e ardesia. Il vino, che affina cinque mesi in botti da 228 litri, è leggiadro e sa di fragolina e agrumi e si caratterizza da un finale sapido e deciso. 


Il Trousseau 2016 (100% trousseau), selezione di parcelle localizzate nei dintorni di Rotalier piantate su terreno di argilla rossa e calcare, è speziato, graffiante e decisamente gastronomico per versatilità. Affinamento: 5 mesi in botti di rovere da 228 litri.


Il Métis 2016 (35% gamay, 22% poulsard, 10% trousseau, 18% pinot noir, 15% vecchi viti a bacca rossa locali) è un  mix di vitigni locali vinificati separatamente che danno vita ad un vino inebriante e dalla bevibilità compulsiva. Affinamento: 5 mesi in botti di rovere da 228 litri.


Passiamo ai bianchi. Con Julien, inizialmente, abbiamo degustato un Fleur de Savagnin "En Chalasse" 2015 (savagnin 100%) prodotto a partire da savagnin jaune e vert (selezione massale e clonale) derivante da vigne del 1989 e 2003 piantate su marne blu del Lias con esposizione sud. Il vino, complice anche l'annata calda, è ha un naso ricco di frutta e un sorso in cui la leggera ossidazione del vino termina con una persistente nota di frutta secca e toni salati. Affinamento: 12 mesi in legno grande da 12 hl e botti da 228 l.


Lo Chardonnay "En Chalasse" 2015 (100% chardonnay) è stato proposto per le opportune comparazioni. Lo chardonnay, in questo caso, proviene da due vitigni del 1950 e del 1985 piantati su terreno di marne blu del Lias con esposizione ovest. Il vino rispetto al precedente è più rotondo, grasso, marcato negli agrumi e nei fiori gialli. Sorso coerente ed appagante. Affinamento: 12 mesi in legno grande da 12 hl e botti da 228 l.


Lo Chardonnay "Les Champs rouges" (100% chardonnay) proviene da vigne piantate nel 1967 e nel 1979 su terreno, lo dice anche l'etichetta, formato prettamente da argille rosse. Il vino, essenza del suo terroir, è deciso, austero, minerale in ogni suo atomo. Bel vino! Affinamento: 12 mesi in legno grande da 12 hl e botti da 228 l.


Lo Chardonnay "La Reine" 2015 (100% chardonnay) proviene da vecchie viti di chardonnay del 1947 piantate su terreno composto da marne rosse e calcare. Rispetto al precedente, al quale può essere paragonato, è più profondo, complesso e all'architettura minerale si aggiungono anche importanti intarsi sapidi che aggiungono slancio e dinamismo a questo vino davvero completo.  Affinamento: 12 mesi in legno grande da 12 hl e botti da 228 l.


Les Singuliers 2013 (80% chardonnay, 20% savagnin) è il primo "vin de voile" degustato con Julien e proviene da due parcelle molto vecchie visto che hanno oltre 60 anni di età. Il vino è molto tipico, giurassiano nelle tradizionali note di frutta a guscio verde, vegetali e mela cotogna. Diretta e molto tonica la bocca. Affinamento: 3 anni in legno di cui 2 sotto "voile".


Lo Chardonnay du Hasard 2013 (100% chardonnay) proviene da una piccola parcella di chardonnay di oltre 65 anni. Rispetto al precedente ha una maggiore complessità in quanto alle classiche note di mallo di noce e mandorla tostata si aggiungono intense fragranze di legni nobili, orzo e camomilla secca. Sorso intenso sfuma con intensa sapidità su sensazioni di frutta cotta e caramello tostato. Affinamento: 4 anni di legno di cui 3 sotto "voile".

L'ultimo vino degustato è Le Paille Perdue che da sempre viene prodotto come faceva il bisnonno di Julien Labet ovvero selezionando i migliori grappoli di chardonnay e savagnin posti ad essiccare per circa 4-6 mesi. Le uve così disidratate sono poi pigiate ottenendo un mosto molto dolce (oltre 400 grammi di zucchero per litro) che fermenterà, con l'ausilio dei lieviti indigeni, per circa due anni per affinare successivamente in vecchie botti di legno da 228 litri per altri 36/48 mesi prima di passare in bottiglia. Questo procedimento di vinificazione, più lungo della media grazie anche all'uso dei lieviti indigeni, difficilmente determinerà un grado alcolico di 14% vol. per cui questo vino non potrà essere venduto sotto l'appellativo di Vin de Paille ma utilizzando nomi commerciali. Fatta questa opportuna precisazione, questo Le Paille Perdue rappresenta uno straordinario nettare dove gli zuccheri residui (circa 200 g/l) sono perfettamente bilanciati da una acidità vibrante e da un respiro sapido che donano un equilibrio esaltante per un vino del genere la cui persistenza aromatica su ricordi di frutta secca, olive secche ed origano, è un'esperienza talmente esaltante che di questo vino ne ho ordinato due cassette. 


Vi ho detto tutto, alla prossima e se passate in Jura non potete mancare Domaine Labet!

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