Masseria Murata: appunti di viaggio irpini. Capitolo 1

Masseria Murata, a Mercogliano, è la prima azienda che ho visitato durante il mio viaggio alla scoperta dei vini dell'Irpinia grazie all'aiuto dell'infaticabile Lello Tornatore.

Geograficamente siamo appena sotto l'Abbazia di Loreto, i cui terreni, parte dei quali ora sono  di proprietà della Masseria, sono da più di otto secoli impiegati per produrre grande uva da vino. Un atto notarile del 1138, infatti, attesta che questi poderi erano già coltivati a vigneto quando il conte Enrico, signore di Sarno e di Avellino, rinunciò al censo che gravava sul vigneto a favore dell'Abbazia dei monaci Benedettini.

I vigneti e l'Abbazia di Loreto

Masseria Murata oggi appartiene ai fratelli Argenziano che, dopo aver conferito uve ad altre aziende, hanno deciso, visto anche che non ne valeva più la pena dal punto di vista economico, di iniziare un progetto imprenditoriale tutto loro.

Attualmente l'azienda si estende per circa 8 ettari di cui 4 a fiano (piantati per due terzi a Mercogliano e un terzo a Candida), 2 a greco (piantato a Chianchetelle) e 2 a coda di volpe (impianti a Mercogliano di età anche centenaria).

Vigneti con Gianluca Argenziano

Vigneti di Fiano
In cantina, aiutati dall'enologo Carmine Valentino, per i bianchi si usa solo acciaio mentre per i rossi, un Aglianico e un Taurasi, si converge verso l'uso di un legno mai invasivo.

Acciaio
Legno

All'interno della sala degustazioni, assieme a formaggi dal sapore antico, beviamo una mini verticale del loro Fiano.

Fiano di Avellino 2012: ancora in embrione con un residuo zuccherino piacione. Difficilmente valutabile oggi ma, a leggerlo attentamente, mi fornisce l'idea di un vino dalle grandi potenzialità. Basta farle esprimere al meglio.

Fiano di Avellino 2011: naso che profum di glicine, erba, agrumi con striature tostate. Bocca piena, equiibrata, con preziosi rimandi alle percezioni sapide ed erbacee. 

Fiano di Avellino 2010: vabbè, si inizia a capire che la 2010 è un'annata clamorosamente buona per il fiano. Almeno da queste parti. Spiccata intensità di glicine, mandorla, fieno, mela, cedro, echi minerali. Bocca sapida, dinamica, dà soddisfazione sorso dopo sorso stentando ad andare via. Gran bel bere!

Greco 2011: da vigneti posti a circa 700 metri di altezza nasce un vino di grande freschezza e sapidità il gusto profilo gusto olfattivo vira tra toni fruttati e minerali. Chiusura bella sapida.

Coda di Volpe 2008: il vino che non ti aspetti, davanti a Fiano e Greco sembrava piccolo piccolo ed invece il piccolo Davide non sfigura contro i Golia irpini. Sarà che le vigne sono quasi centenarie, sarà che la famiglia Argenziano crede molto in questo vitigno, il risultato è affascinante: il Coda di Volpe, di cinque anni fa, è ancora un vino vivo, freschissimo, verticale, non ha grande complessità ma le poche cose che ha le esprime ai massimi livelli. Fresca è una bottiglia che berrei in un minuto da solo.

Peccato 2009: questo aglianico 100% si caratterizza per la grande dinamicità. Profuma di fiori e frutti rossi e, grazie alla freschezza, va giù che è un piacere. Per chi non rinuncia a bere aglianico anche d'estate!

Passione 2007: il Taurasi di Masseria Murata, rispetto al precedente, ha profumi più terrosi e maschili e in bocca è di maggiore avvolgenza. Ottima anche in questo caso la bevibilità. Uva proveniente dai vigneti di Venticano.

Passione 2009: ancora in fasce si caratterizza per una maggiore carica materica e un carattere più definito. L'uva, questa volta, viene da Montemarano.


Star Trek diventa anche un vino. Anzi, tre vini!

E te pareva!!!

Aò so Ammmericani per cui non si lasciano mai sfuggire l'occasione di fare business anche se  a noi europei certe cose ci fanno ridere o...inorridire.

Vabbè, fatto sta che in occasione del lancio mondiale del film Into Darkness - Star Trek dodicesima pellicola della serie cinematografica di Star Trek, è uscito il vino legato alla famosa saga fantascientifica che ha avuto inizio nel 1966 con la serie televisiva ideata da Gene Roddenberry.


Il vino, da quanto leggo in giro, è stata prodotto dalla Viansa Winery, azienda italo americana (ahhhhhhh, ci siamo anche noi allora?!!?) localizzata a Sonoma, distretto vinicolo della California estremamente interessante.

I vitigni usati per produrre il vino? Uno strano connubio di italianità e internazionalità: merlot, sangiovese, cabernet franc, dolcetto, tinta cao e tempranillo. Roba da far drizzare i capelli ad un pelato!

Le etichette, ben tre ispirate a tre episodi della serie originale di Star Trek, portano i seguenti nomi:  The City on the Edge of Forever” “The Trouble with Tribbles” e “Mirror, Mirror”.


Ma il vino è lo stesso!! Potere del marketing e del collezionismo sfrenato..

Ah, i bicchieri giusti ve li possono ordinare io. La scelta può andare sui seguenti:




Ok, Ciao a tutti!!




Vino come garanzia per le banche? Forse si può!

I vini super pregiati come colleterale di un prestito? Sì, se a ricevere il finanziamento è una persona di alto rango che in passato ha lavorato tra i vertici della banca creditrice. E quel che è successo a Goldman Sachs, che ha accettato quasi 15.000 bottiglie di vino proveniente dalle regioni francesi del Bordeaux e della Borgogna come forma di garanzia per un prestito concesso a Andrew Cader, ex direttore della divisione di trading specializzato dell'istituto finanziario. E' quanto emerso da documenti depositati presso le autorità competenti americane secondo cui tra le bottiglie pregiate ce ne sarebbe una datata 1929 e prodotta dal Domaine de la Romanée-Conti.

La mossa, a giudicare dai commenti che circolano negli ambienti bancari e negli studi legali americani, sembra piuttosto insolita: le banche sono state generalmente poco propense a proteggersi da un eventuale default di un cliente debitore con vino, per quanto pregiato. Nemmeno la performance dell'indice benchmark della bevanda pregiata è attraente: il Liv-ex 100 Fine Wine Index, che riflette la variazione dei prezzi dei 100 vini più ricercati, è cresciuto in media a un tasso annuale dell'11% negli ultimi 10 anni fino allo scorso aprile, meglio del +7,9% dell'S&P 500. Eppure opere d'arte e immobili sono sempre stati preferiti come collaterale. Perché? Non è tanto il sapore di tappo a intimidire le banche quanto il sapore di truffa che potrebbe nascondersi dietro casse di vino dall'apparente valore inestimabile.
Lo sa bene il miliardario americano William Koch: pensava di aver comprato 24 bottiglie di pregiato Bordeaux francese e invece si trattava di vino contraffatto. Il fondatore dell'azienda attiva nel campo delle materie prime, Oxbow Group, in Florida, ha ora ottenuto giustizia e, dopo aver vinto una causa da 379.000 dollari contro il venditore truffaldino, ha anche ottenuto 12 milioni di risarcimento danni dalla stessa giuria.
Il giudice di Manhattan che lo scorso aprile ha emesso il verdetto ha giudicato il venditore Eric Greenberg colpevole di aver imbrogliato Koch circa l'autenticità e la provenienza del vino. La cifra stabilita dalla sentenza comprende il costo totale sostenuto da Koch per le bottiglie – comprate all'asta nel 2005 – e 1.000 dollari di risarcimento danni per ogni bottiglia. Cifre, queste, in linea con il valore stimato della collezione di vini dell'ex manager di Goldman Sachs, intorno alle decine di milioni di dollari. Insomma, la banca ribattezzata la 'piovra della finanza' nel mezzo dell'ultima crisi finanziaria si sta proteggendo con quanto prodotto dai migliori vigneti francesi.
Cader si è trincerato dietro un no comment attraverso il suo legale Seth Lapidow, dello studio newyorchese Blank Rome. Goldman Sachs ha replicato all'articolo di Bloomberg - che ha pubblicato la notizia - con la seguente nota: "mentre non rilasciamo commenti in merito a prestiti individuali nel rispetto della riservatezza dei clienti, abbiamo estrema cura nell'usare standard di gestione del rischio di alto livello per valutare ogni forma di collaterale su tutti i prestiti".
Per quanto i termini del prestito restino sconosciuti, quel che è certo è la stretta relazione tra Cader e Goldman. Il manager era a capo di Spear, Leeds & Kellogg quando la banca acquisì la società specializzata nelle transazioni di opzioni put e call per 6,2 miliardi di dollari nel novembre del 2000. Attraverso l'operazione di buyout, Cader ha ricevuto azioni Goldman Sachs. Tra gennaio e ottobre 2002 ha venduto 1,1 milioni di quei titoli con profitti di almeno 85 milioni di dollari. Probabilmente sta ancora brindando all'incasso.
Fonte: America24

A Terroir Vino con il mio Cesanese!

Se lunedì 17 Giugno siete a Genova per Terroir Vino non potete non passare a trovarmi durante la degustazione di Cesanesi del Lazio.

La degustazione, che inizierà alle 13, farà parte delle Degustazioni dal basso (#ddb) organizzate da Filippo Ronco. 

 #ddb1: La grandezza dimessa del Cesanese
Il Cesanese è un antichissimo vitigno autoctono del Lazio tanto che i documenti storici fanno risalire la sua coltivazione al tempo dei Romani i quai, inizialmente, disboscarono le colline di Affile per impiantarlo; da qui il termine Cesanese, vino prodotto nelle "caesae", "luoghi dagli alberi tagliati". Nonostante i fasti storici, il Cesanese ha passato periodi bui che solo nel recente passato sono stati superati grazie al riconoscimento della DOC Affile e Olevano Romano e, nel 2008, della DOGG Cesanese del Piglio. La #ddb Cesanese sarà l’occasione per scoprire chi sono i vignaioli e i vini che, tra viticoltura biodinamica e tradizionale, hanno dato nuova luce al vitigno e a tutta l’economia locale.

Lunedì 17 giugno 2013, ore 13.00 
Dove: Magazzini del Cotone, Modulo 8 secondo piano, sala "Aliseo"
Racconta: Andrea Petrini di Percorsi di Vino
Partecipazione: solo su prenotazione (20,00 € p.p. vale anche per TerroirVino)

In degustazione:

Cesanese del Piglio Docg Colle Ticchio 2012 - Corte dei Papi 
Cesanese del Piglio Docg Casal Cervino 2010 - Agricola EMME 
Cesanese del Piglio Docg Bivi 2012 - Elena Sinibaldi
Cesanese di Olevano Doc Cirsium 2009 - Damiano Ciolli
Cesanese del Piglio Docg Tenuta della Ioria 2011 - Casale della Ioria 
Cesanese del Piglio Docg Romanico 2010 - Coletti Conti 
Cesanese del Piglio Docg Jù quarto  2011- La Visciola 
Cesanese di Affile Capozzano 2010 - Cantina Formiconi 



Tra il Chianti di Lamole e quello di Radda

Come sempre il  mio amico Davide Bonucci, presidente dell'Enoclub Siena, organizza in Toscana degustazioni non solo di grande livello ma anche didattiche.
L'ultima è stata strutturata la scorsa settimana a Lamole in occasione della manifestazione "I Profumi di Lamole" che ogni anno presenta la produzione del suo Chianti Classico.


Il wine tasting, totalmente alla cieca, prevedeva il confronto fra i Chianti Classico 2009 di Radda e quelli di Lamole per capire, se ci sono, differenze tra le due espressioni territoriali.

Ovviamente le figuracce che ho fatto sono state notevoli ma, a prescindere da tutto, voglio raccontarvi di due/tre vini che mi hanno fatto grande impressione. Alcuni, come vedrete, sono vere e proprie new entry per gli appassionati.



Pruneto - Chianti Classico 2009 : il loro vino non mi ha mai fatto traballare dalla sedia ma questo 2009 è davvero bello per il suo naso ben espresso tra frutta rossa e fiori e per una bocca intensa e vellutata caratterizzata da tannini ben fusi e grande equilibrio. Un Chianti dal buon rapporto q/p.



Montevertine - Pian del Ciampolo 2009 : sono sempre più convinto che Martino, adoratore di Borgogna, vinifichi questo IGT in terra francese. Ha tutto per essere considerato un grande village.

Fattoria di Lamole - Chianti Classico Vigna Grospoli 2009: come si fa a non mettere questo vino a Lamole? E' un grande vino di territorio che pare abbia discendenza diretta con ogni tipologia di fiore rosso presente sulla Terra. Eterea, setosa ed elegante la bocca. Paolo Socci, i love you!

Caparsa - Chianti Classico Caparsino Riserva 2009: è la seconda volta che bevo questo vino e, dopo qualche mese dalla mia prima volta, trovo un Chianti ancora più profondo e complesso. Il Caparsino di Paolo Cianferoni quasi nebbioleggia con le sue note di agrume e viola. Bocca freschissima, coerente, dotata di un finale di bella lunghezza.



Bibbiano - Chianti Classico Montornello 2009: l'intruso, non essendo nè di Radda nè di Lamole, ha conquistato tutti per la sua freschissima vena agrumata dove l'arancia sanguinella la faceva da padrone accanto a meno marcati accenti di lampone, mammola, eucalipto. Gran bella bocca, minerale, agrumata, sottile, dotata di fitti tannini e sapida persistenza. Bella sorpresa!

Poggerino - Chianti Classico 2009: mettere il naso nel bicchiere e ritrovarsi in un cesto di frutta rossa croccante che si trasforma in seta dello stesso colore in bocca.Tannino di grana fine, bellissimo equilibrio, meno acido dei precedenti vini ma sicuramente più rotondo e pronto. Altra bella sorpresa.




Podere Castellinuzza - Chianti Classico 2009: è il vino dell'estate, ha una straordinaria nota di anguria e frutta rossa in macedonia che, più che berlo, te lo mangeresti! Solo ancora troppo giovane ma il resto, sorso compreso, è davvero ottimo. 

I Fabbri - Chianti Classico Terra di Lamole 2009: il "base" di Susanna è sempre una piacevole conferma. Succoso, polposo, deciso quanto basta e, soprattutto, territoriale. 

Val delle Corti - Chianti Classico 2009: giovanissimo eppure già profondo e luminoso.  Sorso fresco e beva compulsiva. Roberto Bianchi è diventato davvero uno dei grandi del Chianti. 

Le Masse di Lamole - I Cortacci di Lamole IGT 2011: et voilà, ecco il colpo a sorpresa. Dopo una 2009 problematica che non aveva lasciato grandi ricordi a nessuno, Davide arriva con questa bottiglia di riserva che ha sorpreso tutti per il suo essere intensamente floreale e lamolese. E' un vino con poca gravità che va ascoltato ed ammirato. Piccola curiosità: è un blend di Sangiovese 80%, Canaiolo 5%, Malvasia e Trebbiano bianchi 15%. W la vecchia ricetta del Chianti!




Vi lascio con una splendida vista da Lamole


La classificazione dei Grand Cru d’Italia in occasione dell’Expo 2015? No, grazie

Tutto è nato da questo post inserito da Flaviano Gelardini all'interno del forum del Gambero Rosso:

Cari Forumisti,

come forse alcuni di voi avranno letto la settimana scorsa abbiamo presentato a Roma la Classificazione dei Grand Cru d’Italia: le 30 etichette italiane più ricercate nelle aste, classificate in base ai maggiori livelli di prezzo ed alla minore percentuale di lotti invenduti, registrati alle nostre aste (dal 2005 al 2013).

Dal 2009 abbiamo redatto questa classificazione basata su criteri oggettivi di prezzo ritenendo che possa essere uno strumento utile, ad integrazione delle nostre denominazioni, che definiscono più una tipicità che una qualità assoluta, per la promozione del vino italiano nel mondo, questo il link per scaricare la Classificazione aggiornata 2013: http://www.grwineauction.com/classifica ... tyPhoto/0/

La domanda del sondaggio è:

Sareste favorevoli ad ufficializzare la Classificazione dei Grand Cru d’Italia in occasione dell’Expo 2015 per consentire di inserire la dicitura “Grand Cru” nelle etichette classificate?

Facciamo un salto temporale all'indietro.

Una settimana fa molti organi di stampa riportavano che la Gelardini & Romani, famosa casa d'aste italiane specializzata in vino, avevano stilato la SUA classificazione dei Grand Cru d'Italia sulla base del seguente metodo:

La Classificazione riguarda le etichette di vino italiane più ricercate ed apprezzate da collezionisti ed investitori di tutto il mondo, classificate in base ai maggiori livelli di prezzo ed  alla minore percentuale di lotti invenduti registrati dalla Gelardini & Romani Wine Auction. Il metodo di classificazione dei Grand Cru d'Italia della Gelardini & Romani Wine Auction ricalca quello utilizzato per la classificazione dei Grand Cru di Bordeaux, voluta da Napoleone III in occasione dell’Esposizione Internazionale di Parigi del 1855, ovvero il livello di prezzo dei vini di Bordeaux riscontrabile sui mercati secondari.


Su tale base, i vini che sono reputati Grand Cru sono i seguenti:

★Brunello di Montalcino Riserva Biondi Santi 
★Masseto Tenuta dell’Ornellaia 
★Barolo Riserva Monfortino G. Conterno
★Amarone Dal Forno
★Barolo Riserva Rocche del Falletto B. Giacosa
★Redigaffi Tua Rita
★Amarone Quintarelli 
★Sassicaia Tenuta San Guido
★Montepulciano d’Abruzzo Valentini
★Barbaresco Riserva B. Giacosa
★Brunello di Montalcino Riserva Soldera
★Messorio Le Macchiole
★Barolo Brunate Voerzio 
★Sperss Gaja 
★Barolo Riserva Granbussia A. Conterno
★Solaia Antinori
★Barolo Cascina Francia G. Conterno 
★Ornellaia Tenuta dell’Ornellaia 
★Barolo Cannubi Boschis Sandrone
★Barbaresco Gaja
★L’Apparita Castello di Ama 
★Brunello di Montalcino Riserva Madonna del Piano Valdicava 
★Le Pergole Torte Montevertine 
★Brunello di Montalcino Riserva Frescobaldi 
★Tignanello Antinori 
★Flaccianello Fontodi 
★Saffredi Le Pupille 
★Oreno Sette Ponti 
★Paleo Le Macchiole 
★Barbaresco Riserva Produttori del Barbaresco 

Torniamo ora al forum del Gambero Rosso. 

Purtroppo la proposta, che secondo me aveva più il fine di cercare incoraggiamenti, non ha ricevuto un grandissimo successo, anzi, in quanto sono venute fuori tutte debolezze di una classifica stilata con questo metodo.

Noi appassionati veri, anzitutto, poco tolleriamo una graduatoria basata su caratteri prettamente commerciali. Il più buono, il Grand Cru, è quello che viene venduto al prezzo maggiore? No, la risposta è no e per due motivi: il primo è che in questo modo, alla fine, la scelta la fanno i grandi ricchi del mondo. La seconda, più romantica forse, è che almeno io sono più legato ad una classificazione dei Cru di tipo borgognone cioè basata sulla qualità del vigneto. I migliori vini sono quelli che derivano dai migliori vigneti.

Sul forum, poi, sono state mosse altre critiche, tutte condivisibili. Siamo sicuri che Il Brunello di Frescobaldi sia davvero un Grand Cru? E l'Oreno Sette Ponti?
Poi ci sono delle imprecisioni: scrivere Barbaresco Riserva Produttori del Barbaresco non ha senso visto che che di questo vino abbiamo ben 9 Cru. Quale è quello preso in considerazione? 
Stesso discorso, secondo l'utente Pippuz, vale per il Barbaresco riserva di Giacosa. Quale? L'unica riserva "generica" etichetta rossa è il 1990, anno in cui sono usciti pure Asili e S.Stefano sempre et. rossa.

Forse, come scrive Andyele, "...quello che proprio non riesco a capire è la logica che sta sotto questa "classificazione" e se proprio proprio si volesse fare sono anche io del parere che "Gran cru" proprio non c'azzecca niente...tutta al più "Gran Vin".

Caro Flaviano, con simpatia, prova a riformulare la questione e vedrai che avrai maggior incoraggiamento! 



Gli Oscar del Vino 2013 sono l'inno alla Prima Repubblica enologica

Caro Franco Ricci, sicuramente non frequenti il mondo del web ma, spero, che tra i mille impegni tu riesca almeno ad accendere la TV per guardare il telegiornale.
Se lo facessi costantemente ti accorgeresti che da anni il mondo sta cambiando e, con lui, stiamo cambiando anche noi. 
E' crollato il muro di Berlino, la Russia e gli Stati Uniti non sono più in guerra fredda e, notizia di questi ultimi tempi, le cose stanno cambiando anche nei paesi di religione islamica dove dal 2010 sta andando avanti quella che viene definita la "Primavera Araba". 
Anche in Turchia, è notizia di questi giorni, c'è voglia di cambiamento. Pensa, addirittura i nostri politici (!) hanno capito che in Italia c'è voglia di innovazione e di riforme concrete e, per questo, anche se con grande fatica, si stanno adeguando.

Mentre tutto cambia c'è un mondo che non solo non va avanti ma, anzi, sembra anacronisticamente arretrare. Quel mondo, caro Franco, è il tuo e gli Oscar del Vino 2013 ne sono la fulgida espressione.


No, aspetta, non sto dicendo che i premi che hai consegnato (vedi ad esempio Sassicaia 2009 Five roses anniversario 2011), sono scandalosi, ovviamente ci possono stare, ma dal centro culturale del vino più importante del mondo, così come lo hai ribattezzato tu, mi aspetto ben altro e non una selezione di premi degni della Prima Repubblica del Vino. 
Se apro una qualsiasi guida degli anni '90 trovo gli stessi nomi: Tasca d'Almerita, Tenuta San Guido, Bellavista, Cà del Bosco, Feudi di San Gregorio (premiata come migliore azienda), Franz Haas, Riccardo Cotarella......

Sai che mi sembri? Uno feudatario degli anni 2000 chiuso nel suo castello che vive solo in base a logiche di potere circondato da una serie di vassalli che, ogni tanto, vengono compensati non mediante denaro ma tramite concessioni di benefici che una volta erano costituiti da terre. Ogni tanto, poi, vengono ricompensati col cibo migliore anche i servi della gleba.

Caro Franco sai quale è il mio rammarico più grande per gli Oscar di ieri? Che il miglior scrittore di vino ce l'hai all'interno del tuo staff e non lo sai...o non lo vuoi sapere.

Gli altri premi? Tranne forse il riconoscimento al Gran Cuvèe XXI Secolo 2007 D’Araprì (atto di benevolenza?) per gli altri non vorrei spendere nemmeno una parola. Sopratutto per Vespa.

Caro Franco ora ho da fare e, sicuramente, anche io ti avrò stancato con le mie vane parole. Vorrei solo che leggessi quest'ultima frase, il pensiero è di Harold Wilson: "Chi rifiuta il cambiamento è un vero e proprio architetto della decadenza e del disfacimento. La sola istituzione umana che può rigettare il progresso è il cimitero".

Gli Oscar del Vino 2013 in sintesi:

Miglior vino bianco
Chàrdonnay 2010 Tasca d’Almerita
Miglior vino rosso
Doc Bolgheri Sassicaia 2009 Tenuta San Guido
Miglior vino rosato
Five roses anniversario 2011 Leone de Castris
Miglior vino spumante (ex aequo)
Franciacorta Gran Cuvée brut 2007 Bellavista
Gran Cuvèe XXI Secolo 2007 D’Araprì
Miglior vino dolce
Alto Adige Moscato Rosa 2010 Franz Haas
Migliore etichetta
Trebbiano d’Abruzzo Vigna Capestrano 2010 Valle Reale
Miglior vino di grande Qualita-prezzo
Franciacorta Cuvée Prestige Ca’ del  Bosco
Migliore azienda vinicola
Feudi San Gregorio con Fiano di Avellino Pietracalda 2011
Migliore olio raccolto 2012 (ex aequo)
Olio extravergine frantoio Muraglia
Olio extravergine Biologico Monterisi
Olio extravergine Raggiolo denocciolato Felsina
Miglior enologo
Riccardo Cotarella
Miglior ristorante
Ristorante La Parolina (Acquapendente – Viterbo)
Migliore enoteca
La Casa del Barolo (Torino)
Migliore scrittore del vino
Giovanni Negri
Migliore Innovazione nel Vino 
Cooperativa Agricola La Guardiense
Migliore Direttore Commerciale
Giovanni Lai di Saiagricola

Val delle Corti, un Chianti Classico da brividi

Roberto Bianchi oltre che essere una persona speciale dotata di rara sensibilità, è anche un grande vignaiolo che, per dirla alla Armando Castagno, interpreta in maniera eccellente un terroir unico come quello di Radda in Chianti.
L'ho invitato a Roma un venerdì di Maggio, al Porto Fluviale, era tanto che gli facevo la corte per organizzare assieme un verticale del suo Chianti Classico. Volevo fargli una sorpresa, ad aspettarlo c'era tanta gente ma, una volta scaricate le casse di vino, ci siamo accorti che è lui che ha fatto la sorpresa a tutti noi perchè, tra le varie bottiglie che stava scaricando dal furgone, figuravano anche i millesimi 1996, 1997, e 1998


La sala prima della degustazione
Si inizia a stappare

Quelli sono gli ultimi Chianti Classico prodotti da Giorgio Bianchi, scomparso prematuramente nel 1999, anno a partire dal quale Roberto, assieme alla mamma Lis, prende in mano l'azienda per proseguire e migliorare il lavoro iniziato tempo prima dal padre che nel lontano 1974 vendette la casa di Milano e lasciò il lavoro per trasferirsi in Toscana, a Val delle Corti, che a quel tempo, pieno di rovi e muri a secco crollati, non era certo quel paradiso che è oggi.

La nostra verticale, pertanto, oltre a sfidare l'emozione del tempo, ci dirà anche se e come il lavoro di Roberto si sia differenziato da quello del padre. Due generazioni a confronto ed un unico filo conduttore: l'amore per un Terra e per il sangiovese.


Roberto racconta...

Val delle Corti - Chianti Classico 1996: Roberto mi dice che di questa annata ne ha ancora pochissime in cantina e, mettendo un pò le mani avanti, dichiara pubblicamente che non sa cosa aspettarsi da questo vino che è da troppo tempo che non lo degusta. Apro la bottiglia come una reliquia e lo verso nel mio bicchiere. Il colore è ancora integro, vivo, così come il naso che non lascia molto all'ossidazione e alle "classiche" note brodose di altri Chianti pari annata degustati in passato. Mettendo il naso nel calice, la prima cosa che colpisce è il profilo austero di questo sangiovese che sembra possedere un’anima profondamente ematica e minerale. Inizialmente riottoso, col tempo prende vigore, si apre, spalanca le finestre alla primavera e fa entrare al suo interno ventate agrumate che prendono la forma dell'arancia sanguinella e del pompelmo rosa. Poi arrivano i fiori, la viola e l'iris tratteggiano un contorno soave del vino che col passare dei minuti diventa etereo, sublime. Il sorso è connotato da una freschezza che tutti stentiamo a credere, c’è tanta sostanza e progressione in questo sangiovese di razza che chiude sapido, minerale, grintoso. Commovente.


Val delle Corti - Chianti Classico 1997: questo sangiovese non riesce mai, a differenza del precedente, a scrollarsi di dosso un certo rigore aromatico che prende la forma della terra di Radda. E’ profondo, a tratti viscerale, risente dell’annata calda ma, soprattutto in bocca, ha ancora tanta ricchezza ed energia. Gli manca quel tocco di acidità per farlo persistere come vorrei ma la sua materia e il suo essere passionale gli rendono ampiamente l’onore delle armi.


Val delle Corti - Chianti Classico 1998: l’ultimo vino di Giorgio Bianchi lo beviamo con grande rispetto e Roberto, presentandolo, non può non tradire un pizzico di commozione. Sangiovese gagliardo, una via di mezzo tra la ’96 e la ’97 dove, accanto alle sensazioni “tipiche” scure del vino, si affiancano aromi di erbe aromatiche, frutta di rovo e fiori secchi. La bocca conferma la grinta del vino caratterizzato da tannini duri che il tempo ha solo parzialmente smussato. Fortunatamente la struttura e la verve acida sono tali da garantire un supporto tale da rendere la beva estremamente misurata. Chiude sapido anche se, come per la ’97, manca quel guizzo tale da renderlo indimenticabile come per la ’96.




Val delle Corti - Chianti Classico 2002: quanta paura aveva Roberto di presentare questo vino figlio di un’annata che molti, causa piogge, hanno giudicato quanto meno difficile. Quanto paura aveva Roberto e quanta soddisfazione deve aver avuto quanto tutti, alla fine della degustazione, hanno quasi decretato questo vino come il campione della serata. Esile, elegante ed etereo è un vino senza tempo che, per molti tratti, prende la fisionomia di una ballerina classica che danza sulle punte. E’ uno dei migliori 2002 degustati nella mia vita.




Val delle Corti - Chianti Classico 2004 Riserva: se avessi bevuto il vino alla cieca avrei detto che davanti a me c’era un il Monprivato di Mascarello. La prima riserva di Roberto mostra un sangiovese di purissima luce, è un diamante che brilla per freschezza ed integrità col suo naso ampiamente agrumato, aromatico e floreale e la sua bocca fine e di giuste proporzioni dove tutte le componenti sembrano modellate ed equilibrate da un laser di precisione. Per chi ama i grandi sangiovese, quelli senza spazio e senza tempo. La Riserva viene prodotta solo nelle grandi annate e con le migliori uve Sangiovese (100%), selezionate dai vigneti più vecchi del podere.




Val delle Corti - Chianti Classico 2005: dopo la 2002, l’altra grande paura di Roberto è stata questa annata che, come ci ha spiegato, è stata mantenuta in bottiglia 2 anni oltre la media visto che, inizialmente, questo Chianti non lo convinceva assolutamente tanto da fargli esclamare: ”Perché l’ho fatto?”. Era la Pasqua del 2008 quando, per l’ultima volta, ha provato ad aprire l’ennesima bottiglia che, visto il periodo, era totalmente risorta diventando il sangiovese cercato e voluto. Rispetto alla 2002 è meno vibrante in termini di freschezza ma ha una complessità aromatica davvero affascinante dove dominano le note di cola, timo, menta, ciliegia e terra rossa. Bocca dinamica, a tratti speziata, dotata di soffice trama tannica e chiusura sapida. E per fortuna Robbè!

Val delle Corti - Chianti Classico Riserva 2006: il vino, rispetto alla precedente annata, si fa più intenso sia nel colore che nella gamma aromatica che regala note di mirto, ciliegia, aghi di pino, anice, iris e anice stellato. Al sorso il vino è fresco, agrumato, teso ed in perfetto equilibrio. In chiusura una lieve nota fumè dona ulteriore eleganza a questo Chianti dal volto mediterraneo.




Val delle Corti - Chianti Classico Riserva 2007: questo vino non è solo luce ma anche gioia di vivere ed un inno alla territorialità con sensazioni ancora croccanti di mammola e ciliegia ed una profonda mineralità rossa che ritroviamo anche al palato dove tutto è ancora primario, soprattutto la spina acida è ancora tagliente e dotata di fitti tannini dalla grana fine. Chiude su ampie volute sapide, fruttate e floreali. Probabilmente è la quadratura del cerchio per Roberto che, forse, sta strizzando l’occhio a suo papà che lo guarda fiero da lassù.

Qualche foto della serata alla fine, ricordi indelebili!